Pensieri annodati è il titolo che Barbara Marchi ha dato a una serie di opere in cui emerge prepotente il bisogno di comunicare quanto l’artista sente dirompere in sé.
Urla disperate, cuori appesi con sottili fili al cervello, come un pendolo che oscilla tra la razionalità e i sentimenti.


Intrecci in cui l’apparato circolatorio sembra imbrigliato in un filo spinato.
In un’opera, in particolare, si distingue la frase: dicono delle donne, ma gli uomini…



Non c’è motivo di approfondire questa frase, poiché richiama la società attuale, dove un uomo con tante donne è un eroe, un latin lover, mentre una donna con tanti uomini una prostituta.
Così se un uomo ha una scappatella, ecco che diventa scappatella, appunto. Un momento di debolezza.
Ma se protagonista di una scappatella è una donna, ci sarà sempre qualcosa di più: sarà una storia di intrighi, di menzogne, un piano…
Viviamo in una società maschilista, inutile negarlo.
Barbara Marchi urla tutto il proprio risentimento per questo presente che non le piace, per i tormenti dell’anima che la soffocano, perciò emergono e lei è costretta a declinarli sui supporti. Bisogno viscerale di chi non ne può più.
E la Marchi ne fa opere d’arte attraverso la sua tecnica sopraffina del bassorilievo, con la sua capacità di conferire vita alle sue creazioni mediante una matericità che trasforma i suoi lavori in sculture da appendere.
Le cromie tendono all’oro, alla luce, e ciò manifesta la speranza di un miglioramento, di un cambiamento della società e della sua stessa vita, oltre all’invocazione di una mano divina che possa aiutare. Sè e le altre donne.



È pur vero che la figura femminile accovacciata sotto gli ammonimenti di ombre scure e la donna con un groviglio in gola lasciano poco spazio alla positività, ma, al contrario, denunciano tutto il male e il peggio del nostro tempo.
Infatti, come mi fa notare l’artista, la figura accovacciata ha la barba, come un Cristo durante la passione. Perché i tormenti non sono esclusiva di un genere, ma accomunano l’umanità.
Le angherie subite, le angosce che rodono dentro…
E proprio nella denuncia, nel saper cogliere l’essenza del momento, nella capacità di raccontare ciò che ha dentro, si espleta la bravura di Barbara Marchi. Artista a cui non interessa catturare la fotografia della protagonista di tante sofferenze. Le basta stilizzarla.
Perché rappresenta tutte le donne che soffrono e, in fondo, quella donna è Barbara Marchi, con la sua fragilità, le sue emozioni e i suoi tormenti.