QUANTO È COMODO MANGIARE UNA BANANA
Nella Storia dell’Arte, sono moltissime le cantonate prese dai presunti sapienti, dai Critici di fama, in merito alle opere di pittori considerati improponibili, ma che, semplicemente, raccontavano messaggi nuovi con linguaggi innovativi, incomprensibili per gli ortodossi di schemi e vincoli del passato.
di Pasquale Di Matteo
“Se avessi quattrocento franchi da buttare via, comprerei questa tela per bruciarla davanti a lei nel caminetto, tale è la pena che provo nel vedere la firma di Renoir sotto un nudo così mal disegnato.”
Questo fu uno dei giudizi iniziali più teneri nei confronti di Renoir, che proponeva un nuovo linguaggio, che smontava e superava gran parte delle concezioni stilistiche del suo tempo. E, nella Storia dell’Arte, sono tanti i grandi Maestri che hanno scritto le pagine più importanti, ma che all’inizio furono ridicolizzati dalle masse, dai collezionisti e dai Critici più quotati e famosi del loro tempo: Van Gogh, Monet, Renoir, Duchamp, Manzoni, Fontana, De Chirico, Picasso, Magritte… La lista è piuttosto lunga…
D’altronde, la vera Arte non è per tutti.
Altrimenti le avanguardie non sarebbero tali, ma normalità, e saremmo fermi alle concezioni dell’Era Classica.
Capita, allora, che qualcuno si chieda come sia possibile essere passati dalla Cappella Sistina di Michelangelo Buonarroti alla banana di Cattelan.
Il vero dramma non è la domanda, ma l’accostamento, poiché prelude all’incomprensione totale del messaggio, oltre al disarmante scollamento dal proprio tempo da parte di chi propone tali blasfemi quesiti.
Dimostrazione lampante che, al di là della nozionistica appresa con lo studio, non ci sono gli strumenti per svolgere attività in campo artistico, a cominciare dalla logica del pensiero e dall’empatia.
Infatti, è ovvio anche allo stesso Cattelan che una banana appiccicata al muro non valga la raffinatezza e il pregio stilistico dell’opera di Michelangelo. Tantomeno può reggere il confronto sotto il profilo tecnico, ma proprio l’inconsistenza tecnica è la più alta forma d’arte di COMEDIAN, perché racconta e parafrasa il nostro presente in maniera esaustiva con una semplicità che lascia senza fiato.
L’uomo moderno giudica, nel bene e nel male, in base a ciò che vede e non si cura più di andare oltre l’immagine, un po’ per pigrizia e per comodità, ma spesso perché manca dello spessore culturale per farlo.
E sarebbe simpatico chiedere ai visitatori della Cappella Sistina, al di là della facile risposta sull’emozione, impressioni sui concetti espressi da Michelangelo, per capire come, al di là del mero fagocitare con gli occhi, in pochi siano capaci di comprendere oltre.
Oggi, i nuovi eroi proposti dai media, maschili e femminili, sono liquidi, durano lo spazio di una pubblicità: quando sorridono, mostrando la dentatura perfetta, alla guida di un’auto di lusso; quando indossano gioielli costosissimi, agghindati in abiti griffati che esaltano curve mozzafiato; quando consumano prodotti tra i più disparati, svegliandosi con il sole già alto nel cielo, in abitazioni milionarie e con i figli felici di andare a scuola.
Anziché chiedersi come sia possibile vedere bambini felici di andare a scuola, come proposto nelle pubblicità, o perché si dovrebbero acquistare prodotti costosissimi e auto di lusso, senza neppure conoscerne il prezzo totale, ma soltanto la rata mensile, si sorvola sul problema, preferendo inseguire il desiderio provocato dall’immagine. Mangiare la banana, appunto, per non dover riflettere sulla metafora rappresentata dalla stessa.
Perché, in fondo, maggiore è l’ignoranza della massa, l’incapacità di andare oltre l’immagine, di sviscerare un racconto, più elevato sarà il ruolo di codice a barre degli individui, non persone, bensì utenti, clienti, consumatori.
Quindi, cosa è accaduto per giungere a Cattelan, partendo da Michelangelo?
Ebbene, a livello artistico, si è creata una dicotomia netta tra Era Classica ed Età Moderna con l’avvento della macchina fotografica, con cui il ricordo e quanto regolabile dal senso visivo sono diventati ambito dei fotografi.
Nella società, inoltre, è accaduto che nel mezzo ci sono state guerre mondiali, crisi internazionali profonde, che ci hanno condotto a un mondo governato da numeri e banchieri, ai quali non interessa nulla di chi non produce, dei deboli, né della Morale, della Cultura e dei bisogni delle persone, perché, per la legge della Finanza, esistono solo produttori e consumatori, che devono alimentare la domanda aggregata, in modo che il sistema non collassi, laddove il debole e chi non produce risulta un inutile costo, uno scarto sociale.
Perciò è fondamentale produrre oggetti per lo più inutili e proporre eroi che li utilizzano, facendo in modo che l’immagine sia più appetibile del contenuto, cosicché chi dovesse porsi domande sulla stessa e chi dovesse non desiderare tali oggetti passerebbe per sfigato.
Inoltre, nel mondo dell’Arte, è chiaro come vi siano innumerevoli presunti professionisti che prendono in giro migliaia di pittori, per adularli con complimenti non veri, per poi portarli a esporre ovunque, in modo da utilizzarli come bancomat e come cartelloni con cui pubblicizzare se stessi e non i pittori, perché, quando uno si fa fotografare con migliaia di facce diverse, nel mondo dell’immagine e della superficialità, risulta più influente e importante di chi scommette e si spende soltanto per quelli in cui crede davvero.
Quindi, per tali personaggi, diventa ovvio cavalcare l’onda del rifiuto dei nuovi linguaggi, in modo da ingolosire chi opera su strade già battute, per spillare loro soldi in più e avere migliaia di CLIENTI agli eventi.
Perciò, la banana di Cattelan altro non è se non la superficialità dell’immagine nella nostra società, a cui diamo troppo valore, proprio come sembrano troppi i 120 mila euro sborsati per acquistare COMEDIAN.
Una banana è destinata a deperire in pochi giorni, proprio come gli oggetti di cui ci circondiamo, facendo grandi sacrifici: l’auto, gli abiti, i dispositivi elettronici, sono tutte cose destinate a non valere niente, in un arco di tempo più o meno breve, ma per le quali siamo disposti a pagare prezzi esagerati.
E, per non dover riflettere sull’inutilità delle vite di chi si adopera ogni giorno per accumulare il niente, la mente preferisce difendersi, soffermandosi sulla banana e non su ciò che essa rappresenta, per non dover ammettere la propria banalità esistenziale.
Proprio come facevano senso i contadini ritratti da Van Gogh ai grandi pensatori tra ottocento e novecento, o i personaggi umili raccontati da Picasso, o i tagli di Fontana e le Merde d’Artista di Manzoni, tutti oltraggio nei confronti di poteri consolidati, come la ricca borghesia o i grandi esperti d’Arte, che giudicavano eccellente o scarsa un’opera solo dopo aver valutato se la firma fosse di un artista affermato o di uno sconosciuto, la banana di Cattelan raggiunge il suo scopo a ogni faccia schifata di chi sostiene di capirne.
D’altronde, finché ci si ferma agli occhi e al bello da vedere, son capaci tutti di articolare un giudizio, di parlare di “bei colori o di cornici”, ma quando devi intuire messaggi nuovi, o conosci innatamente il linguaggio dell’anima, con competenze culturali ancorate al presente, per sviscerare le sottigliezze di messaggi spesso ermetici, oppure non puoi fare altro se non sbraitare e trasformare in ribrezzo l’impotenza, per non dover ammettere di non essere capace.
A ragion del vero, va anche detto che chi propone cose nuove e linguaggi innovativi dovrebbe preoccuparsi se i famosi critici attempati dovessero parlarne bene e non male, perché significherebbe non essere poi così nuovo e innovativo, e, semmai, porsi qualche domanda solo quando incompresi nelle vere grandi capitali dell’Arte mondiale, in cui i Cattelan sono sempre accolti da eroi.
Perciò, meglio essere criticati, proprio come Van Gogh, Monet, Renoir, Duchamp, Manzoni, Fontana, De Chirico, Picasso, Magritte…
Il tempo non è mai dalla parte dei Critici famosi, ma sempre dalla parte dei veri artisti.
E, come la Storia dell’Arte testimonia, è solo questione di tempo.
A questo punto, qualcuno obietterà che, alla fine, conta l’emozione…
È importante l’emozione nell’Arte?
Certo, soprattutto se si vuole acquistare!
Una canzone, un’opera pittorica, di narrativa…
Ma, oltre l’immediatezza, ciò che rende un’opera dell’ingegno opera d’arte è il concetto espresso, il racconto, il messaggio esposto.
Infatti, proprio come una canzone, che magari non piace e non suscita emozione, ma il cui testo parla di temi profondi, anche la Pittura, la Scultura e l’Installazione valgono quanto dicono.
E, più è erudito e profondo il messaggio, meno saranno quelli capaci di comprenderlo.
Altrimenti non ci sarebbero problemi, né motivo di trattare certi temi, no?
Ah, quanto sarebbe bello se le masse non vivessero in una Matrix disculturale, in cui prevale la superficialità dell’immagine e l’incapacità di comprendere ciò che si nasconde dietro la superficie!
Proprio come soffermarsi sulla banana, sul mangiare una semplice banana, che non è altro se non una difesa con cui evitare di ammettere l’evidenza di una società che si fonda sul nulla dell’immagine e del brand, i cui veri valori sono sempre più dimenticati e sviliti in nome dell’accumulo proposto dal finto progresso e della legge dei numeri.