ARTISTI O PITTORI?
Picasso è vissuto un secolo fa, con la sua totale rottura con il conformismo accademico. Eppure, ancora oggi, ci sono pittori che pensano all’arte come alla dimostrazione di tecnica.
di Pasquale Di Matteo
Ci dicono che la società del progresso si erge su un sistema perfetto, in cui tutti producono per tenerlo in vita.
Detta così, sembrerebbe che tutti lavorino per gli altri, per la comunità, invece, ciascuno lavora per sé, producendo cose inutili che i media ci obbligano a ritenere indispensabili, tanto da desiderarli.
Il telefonino, il computer, il tablet, un’auto nuova…, tutte cose che hai già e/o di cui potresti tranquillamente fare a meno. Persino alimenti dagli involucri inquinanti che potresti tranquillamente coltivare da te o produrli quasi gratis.
Poi scopri che lavori per pagare le tasse, che pensi vadano alla comunità, invece, per la maggiore, servono a pagare interessi alle banche e ad acquistare altre cose inutili come gli F35…
E un giorno ti svegli, comprendendo solo allora di aver fatto per una vita intera lo stesso tragitto, alla stessa ora, ogni giorno, per passare gran parte della tua giornata incastrato in una scatola più o meno stretta, sotto la guida di superiori che consideravi dei rincoglioniti, a fare le medesime azioni.








Storture del nostro tempo che l’artista ha il compito di svelare, poiché ha il dono di una sensibilità più spiccata rispetto alle persone comuni.
L’artista non si appiattisce agli stereotipi e alle mode, prendendo per oro colato leggi, costumi e consuetudini, perché la sua capacità di analisi utilizza i linguaggi dell’anima e non la razionalità mortificata e condizionata dai media e dalla società di appartenenza.
Perché la vita del vero artista è una vita contro, una vita da diverso, persino da folle, in certi casi. E difficilmente è quella del pittore che vende quadri a decine di migliaia di dollari e diventa ricco, perché l’artista è un’altra cosa.
È innanzitutto il Van Gogh che non piazza un quadro, che viene deriso da “chi ne capisce”, ma che resta se stesso per una vita intera. Non perché sia davvero diverso o folle, ma perché il sistema è tale per cui chi dissente o vive al di fuori di quella che viene considerata la normalità deve essere isolato e ridimensionato, per evitare che si creino sacche di società di diversi, che distruggerebbero l’intero sistema.
Espressionisti e surrealisti, infatti, erano mal visti proprio per il fatto di scagliarsi contro la società del loro tempo, a tal punto contrari da restare spesso isolati. Hitler li raccolse nell’ “arte degenerata”.










Non si è artisti quando si dipinge, ma pittori!
L’artista è chi racconta, esprime, sviscera il presente, mettendone in luce le controindicazioni!!!
E il nostro tempo ha un bisogno urgente di artisti.
La tecnica non serve dunque? E chi lo dice?
La tecnica è uno strumento, ma non va oltre l’essere funzionale al messaggio. È quest’ultimo a determinare la grandezza di un artista.
Altrimenti, ci si trova davanti alla grandissima cantante che però canta l’elenco telefonico.
Meglio una voce banale, con un testo che tocca l’anima. Questa è arte.