JORG IMMENDORFF

JORG IMMENDORFF

Jorg Immendorf è stato uno dei protagonisti della pittura del tardo Novecento. Turbolento analista delle dinamiche sociali, esplose in seguito alla divisione del mondo in blocchi e di quelle successive alla caduta del Muro di Berlino.

di Pasquale Di Matteo

JORG IMMENDORFF: PROLOGO – NEOESPRESSIONISMO

Gli anni settanta del secolo scorso furono caratterizzati dal declino dell’Astrattismo, soppiantato da una serie di diverse forme d’arte che ridimensionarono fortemente il ruolo della pittura.

Soltanto verso la fine di quel decennio, l’arte pittorica si riprese, grazie all’avvento del Neoespressionismo, con i suoi soggetti forti e violenti, caratterizzato da tele generalmente piuttosto ampie, realizzate con tratti cromatici energici, brutali, e con l’aggiunta di diversi altri materiali, che davano luogo a scenari volutamente imbruttiti, tanto che i critici dell’epoca definirono tale pittura come Bad Painting.

Il Neoespressionismo fu un movimento dalla forte connotazione nazionalista, che vide interpretazioni differenti tra pittori di diversa nazionalità: per esempio, mentre negli Stati Uniti si realizzavano opere giudicate persino impudenti, in Europa si privilegiavano riflessione e introspezione, anche se non mancavano eccessi ed esuberanza, soprattutto in alcuni artisti nordici, come lo Scozzese Steven Campbell.

L’espressione filosofica del movimento neoespressionista attingeva dalla storia, ma anche dalle vicende personali, proprio perché fortemente connotato intorno alla componente emotiva e alla relazione tra artista e avvenimenti.

Il Neoespressionismo perse parte del proprio fascino intorno alla metà degli anni ottanta, anche se un cospicuo numero di artisti ne portò avanti le caratteristiche, tanto da essere tuttora presente, in alcuni nomi che si affacciano alla ribalta dell’arte contemporanea.

JORG IMMENDORFF: LA CARRIERA

Jorg Immendorff iniziò la sua carriera artistica nel 1963, come seguace del Neodadaismo, studiando scenografia, presso la Kunstakademie, e seguendo Joseph Beuys, scultore, performer e teorico dell’arte, del quale fu allievo per qualche tempo.

Diventato insegnante di arte in una scuola superiore, inizialmente focalizzò l’attenzione sulla figura del bambino, realizzando diverse opere con protagonisti proprio i più piccoli.

Immendorff aveva una personalità anarchica, contraria a qualunque forma di potere, tanto che si fece espellere da scuola, in gioventù, ed ebbe diversi problemi con la legge a causa delle sue forti prese di posizione in alcune manifestazioni politiche e per l’abuso di droghe.

Tuttavia, la sua più importante espressione artistica cominciò intorno al 1976, quando, inspirandosi a Guttuso, si cimentò nella realizzazione della serie di dipinti Café Deutschland, in cui l’artista declinò sulle tele tutto il caos sociale respirato negli anni precedenti la riunificazione tedesca, scagliandosi contro il Liberismo, in aperto contrasto con la mercificazione delle genti, tanto quanto contro il Comunismo totalitario.

D’altronde, il bar, luogo di ritrovo per antonomasia, fu motivo ricorrente già tra gli impressionisti, e fu il punto nevralgico che vide la nascita di moltissimi movimenti artistici che affondavano le rispettive radici nell’analisi della società e degli sconvolgimenti che ne caratterizzarono i diversi momenti storici.

Nella realizzazione del Café Deutschland, Immendorff immaginò un nightclub posizionato al confine tra la Repubblica federale tedesca e la DDR, in cui, nelle varie scene che l’artista sviluppò in più opere, egli stigmatizzò molteplici temi sociali di quei particolari anni della storia tedesca, miscelando autobiografia, cronaca e miti del passato.

Immendorff posizionò nel suo nightclub immaginario personaggi storici, protagonisti di fatti di cronaca del suo tempo, i cavalli della porta di Brandeburgo, figure significative, anche recenti, come Adolf Hitler, in un caleidoscopio di tratti e colori, nonché di forme spesso piuttosto difficili da decifrare, con l’intento di esasperare il caos suscitato dai mille interrogativi che i cittadini tedeschi si ponevano nelle due germanie.

JORG IMMENDORFF: CAFE’ DEUTSCHLAND

La prospettiva di quest’opera, che fa parte di una serie di lavori sullo stesso tema, presenta un punto di vista originale, con diagonali che partono dall’angolo in basso a destra, muovendo, in maniera non parallela, tutta la composizione.

Nell’opera è inserita la provocatoria figura di Hitler, come un monito che l’artista intende lanciare, perché dal caos e dall’incertezza possono sempre riproporsi il male e l’assurdità già presentatasi nella razza umana, pertanto, Immendorff intende ricordare le conseguenze del Nazismo.

Nel dipinto sono raffigurati i cavalli della porta di Brandeburgo, che trascinano una lastra di ghiaccio, metafora della freddezza dei rapporti tra la Germania occidentale e orientale.

L’opera è del 1984, cinque anni prima della caduta del muro, e risente di tutti i tormenti, le preoccupazioni e le spinte unioniste dell’epoca.

Immendorff fa propria anche la convenzione rinascimentale di inserire un’immagine dell’autore nel dipinto; infatti, lo si ritrova a testa in giù, più o meno al centro, in balia del vortice immaginario che trascina tutti gli elementi nel caos cromatico agitato dalla mano dell’artista.

JORG IMMENDORFF: L’IMPRONTA DI UN RIBELLE

Jorg Immendorff fu uno dei più controversi artisti della fine del secolo scorso, completamente immerso nelle tribolazioni vissute nel secondo dopoguerra e durante la Guerra Fredda.

Un uomo che dedicò tutta la propria esistenza nel tentativo di stabilire il ruolo dell’artista in relazione agli anni turbolenti in cui egli visse, facendone senza dubbio uno dei più attenti analisti degli sviluppi sociali prodotti dal mondo diviso in blocchi, uscito dalla Seconda Guerra Mondiale, e, più tardi, da quelli emersi dopo la caduta del Muro di Berlino.

Morì prematuramente nel 2007, all’età di sessantuno anni, a causa di una malattia degenerativa, che, durante l’ultimo periodo di vita, lo costrinse a dipingere con la mano destra, sebbene fosse mancino.

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