L’ARTE DI DOMANI

L’ARTE DI DOMANI

Non appena sarà superata questa crisi politica definita sanitaria, saremo catapultati in un mondo in cui la depressione successiva al 1929 sarà la realtà. Un mondo di carestie, disoccupazione, ma anche di speranze e voglia di riprendere a vivere. I veri artisti racconteranno i prossimi anni, sviscerandone sogni, aspettative e drammi. Entrando nella storia dell’arte.

di Pasquale Di Matteo

Siamo stati proiettati in questo nuovo millennio con la falsa idea di una domanda di opere d’arte che nel secolo scorso era copiosa, che vi fossero gallerie capaci di vendere quadri e di rendere ricchi i pittori.

Purtroppo, ciò non corrisponde al vero e lo dimostra il fatto che molti presunti collezionisti del passato si ritrovino in casa centinaia di quadri spazzatura, il cui valore è pari al legno delle cornici, sebbene i loro genitori abbiano sganciato fior di quattrini per acquistarli da galleristi senza scrupoli, che spacciavano per Picasso e Van Gogh perfetti signori nessuno.

Un tempo non c’era Internet e non era possibile stabilire se un pittore avesse un curriculum di rispetto e se investisse su se stesso al punto tale da far lievitare le sue tele in futuro.

Inoltre, un tempo non esisteva la concorrenza dell’Ikea, delle stampe su tela che hanno azzerato la richiesta di opere d’arte per arredare le abitazioni, riducendo il culto per l’Arte a hobby per nicchie di appassionati.

Poi è arrivata la crisi economica del 2009, che in Italia ha contribuito ad aumentare vertiginosamente il numero dei pittori, trasformando molti disoccupati in imbrattatele alla ricerca di una possibilità di guadagnare qualche soldo, convinti che con sbadilate di vernice e tagli nelle tele potessero emulare la grandezza concettuale del passato; ciò ha favorito anche la nascita di moltissime gallerie d’arte, gestite però da chi non aveva la più pallida idea della differenza psicologica tra un blu e un nero, ma sapeva usare bene gli artisti come bancomat, senza dare in cambio alcuna competenza reale.

Ora, la crisi sanitaria per il coronavirus renderà ancora più difficile proporre opere d’arte e, probabilmente, contrarrà di molto la già esigua domanda di opere dell’ingegno.

Abbiamo già visto come la paura di queste settimane abbia disintegrato ogni forma di difesa delle libertà personali e ogni legge democratica, perciò è lecito immaginarsi un futuro prossimo fatto di finte libertà, di restrizioni più o meno acute per quanto riguarderà mostre, concerti, eventi.

Certamente, potranno accentuarsi mostre virtuali e piattaforme online, ma a fronte della mancanza di liquidità e del tasso di disoccupazione alle stelle, gli acquirenti saranno un’utopistica chimera.

Senza considerare il fatto che già prima di questa guerra globale, essere artista non era certo considerato un mestiere…

Spunteranno come funghi cataloghi e libri d’arte, in cui essere inseriti in cambio di tanti soldi, con la scusa di essere gli unici mezzi per proporsi.

Ma a chi, se non ai soliti galleristi che li sfogliano per contattare i pittori per organizzare mostre?

Tuttavia, l’inevitabile crisi economica, livellerà verso il basso milioni di persone, aumentando quelle in povertà e in difficoltà, disintegrando ciò che restava della classe media, ragione per cui, tra il vivere di stenti per i sussidi di disoccupazione, per gli stipendi dimezzati o perché si è artisti, non cambierà nulla.

D’altro canto, però, ciò che emerge in queste settimane è una patologica mancanza di cultura, di capacità di sviscerare il presente, interrogandosi.

I più sono pecore che seguono il “capo branco”, belando e scrivendone l’agiografia; quanto già accaduto in passato, durante il ventennio fascista e, soprattutto, in Unione Sovietica e nel Reich di Hitler.

Tuttavia, fu proprio allora che molti artisti rifiutarono il sentire comune, l’omologazione del pensiero all’agiografica verità ottriata dal potere.

Surrealismo, Espressionismo, Dadaismo, sono alcune innegabili espressioni nate dal rifiuto della società; il Novembergruppe andò oltre, rifiutando la logica nazista.

Inoltre, molti grandi maestri ora riconosciuti come grandi, fecero proprio del colore, degli stili e delle forme, sinetesi dell’analisi di quanto avveniva.

I pittori di oggi, quelli che vivranno i prossimi anni, proprio come ai tempi di Picasso, avranno la facoltà di raccontare la Storia, una parentesi del mondo che tra decenni si studierà nelle scuole di ogni ordine e grado.

Tutti gli artisti sono chiamati a raccontare e a sviscerare il nostro presente.

Chi ne avrà le capacità non è detto che possa vendere quadri e vivere d’arte, ma certamente corre il rischio di essere ricordato, entrando tra i grandi della Storia dell’Arte che sarà.

Analizzate ciò che accade e interrogatevi: il dubbio e le domande sono il fondamento dell’intelligenza e il carburante per il fuoco della conoscenza.

Raccontate la società e il mondo che scopriremo soltanto tra qualche settimana, ma che, inevitabilmente, cambierà la vita di tutti.

Dipingete ed entrate nella storia.

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