MAURIZIO CATTELAN

MAURIZIO CATTELAN

Maurizio Cattelan è l’artista italiano più famoso e quotato al mondo. Osannato ovunque, ma messo in discussione in Italia, dove regnano l’incapacità di svincolarsi dal classicismo e di andare oltre il senso visivo.

di Pasquale Di Matteo

In una recente intervista, Maurizio Cattelan ha affermato che suo padre, ancora nel 2000, gli consigliava di farsi riassumere dall’ospedale in cui aveva prestato servizio come infermiere per qualche tempo, prima di buttarsi allo sbaraglio nel mondo dell’arte.

D’altronde, sebbene avesse già una quotazione importante, nel 2000 Cattelan era ancora un nome emergente, uno di quelli che arricchisce le case d’asta, ma non ancora così prestigioso da lasciare all’artista qualcosa di più delle briciole.

E in questo episodio è racchiusa tutta l’ignoranza che ruota intorno al mondo dell’Arte contemporanea, vista ancora come un lavoro, come una banale occupazione, inutile se non ci paghi le bollette. roba da sfigati o da eterni adolescenti falliti.

MAURIZIO CATTELAN: LA TERAPIA DELL’ESPRESSIONE

Murizio Cattelan smuove le coscienze perché mette in luce aspetti della vita considerati banali da chi potrebbe enfatizzarli e non lo fa, da quelli che ne capiscono e che, già nel passato, non hanno compreso Duchamp, Magritte, Van Gogh, Fontana, Manzoni…

L’artista padovano, d’altronde, dà voce agli umili, al mondo animale, e ogni sua opera è un aspetto tribolato del vivere, sviscerato e interiorizzato, fino a svilupparlo in un concetto, perché si abbia il coraggio di parlarne.

La banana attaccata al muro con un nastro adesivo, della recente opera COMEDIAN, di cui tanto si parla in questo periodo, rappresenta proprio la banalità del lusso, di quelle ricchezze materiali che la società dell’immagine ci spinge ad accumulare attraverso il bombardamento mediatico di modelli stereotipati di nuovi eroi, che sono uomini di successo, compiacenti alle esigenze del progresso.

COMEDIAN – Immagine di proprietà del web

Cattelan è come uno Psicologo, che ascolta, mette in luce il problema, per poi lasciare ai pazienti la facoltà di sviscerarne ogni aspetto. tutto e il contrario di tutto. Gli stolti lo aggrediscono, poiché non hanno le competenze per comprendere. Gli altri si interrogano.

Il deterioramento repentino della banana, che infatti va sostituita periodicamente, è metafora dell’auto di lusso, dell’orologio, dell’abito griffato, del superfluo. Oggetti per lo più inutili destinati a essere gettati via, fondamenta della società di consumo, che critica aspramente Cattelan e la sua denuncia, per non affrontare il problema.

Tale concetto risulta addirittura enfatizzato dalla trovata geniale di lasciare che l’artista David Datuna divori in pochi bocconi la banana esposta presso lo stand della galleria Perrotin ad Art Basel di Miami Beach. Ciò attribuisce il vero valore al contenuto materiale dell’opera, ma dimostra come, sostituendo la banana da pochi centesimi, il concetto rimanga intatto, in tutto il suo prepotente messaggio.

(Perché soltanto uno sprovveduto può ritenere che l’idea di Datuna possa essere una scelta personale, e che, qualora fosse, la cosa non avrebbe prodotto azioni legali).

Tuttavia, attraverso la banana, Cattelan non stigmatizza soltanto la perdita dei veri valori e l’idolatria per il materialismo, ma sintetizza anche il concetto del distacco, della perdita, dell’amore, tutti elementi che compaiono in gran parte della sua Arte.

L’uomo si affeziona, si innamora, soffre quando abbandonato e la banana, a cui chi non ha competenze di linguaggio dell’anima non riesce a dare altra connotazione se non quella legata all’immagine, alla superficialità dell’essere un frutto, è invece anche metafora dei sentimenti destinati a deteriorarsi, fino a scomparire.

Allora cosa resta? Cosa sono gli oggetti di cui ci circondiamo se una banana, della quale possiamo nutrirci, come gli affetti possono nutrire la nostra anima, è destinata a deteriorarsi? Cosa resta se la nostra vita è un continuo tic-tac che corre senza freni verso la morte, senza neppure sapere quando accadrà, mentre bruciamo gran parte degli anni a fare cose imposte da altri, nella speranza di migliorare in un futuro che non arriva mai?

E cosa resta di una moltitudine di persone che si indigna per una banana, perché incapace di distogliere lo sguardo dal dito, perdendo la magnificenza della Luna?

MAURIZIO CATTELAN: L’ASCESA

Maurizio Cattelan comincia la sua avventura partecipando a una Mostra Collettiva a Forlì, con la sua LESSICO FAMILIARE, una sua foto a torso nudo in bianco e nero, che lo ritrae mentre forma un cuore con le mani proprio all’altezza dell’organo.

LESSICO FAMILIARE – Immagine di proprietà del web

Figlio di una famiglia che fatica ad arrivare alla fine del mese, con la madre spesso malata, Cattelan è uno che sceglie di andare a lavorare, terminando gli studi alle serali, spendendo gli anni adolescenziali in diverse occupazioni, umili e mal retribuite.

Arrivato all’agognato posto fisso, come infermiere in un ospedale, invece di gioirne per il resto della vita, abbandona presto lo stereotipo dell’Italiano medio, perché sente di non essere nato per quella vita e fugge a Forlì, dove vive la sua fidanzata dell’epoca.

Comincia a costruire oggetti d’arredo che, di tanto in tanto, vende a Milano, e si approccia all’arte con la timidezza e la paura instillata dagli anni di educazione a una vita omologata, che lo fanno sentire a disagio nelle vesti di un fallito, in cerca di un sogno che non può realizzarsi.

Nel 1989, tiene la sua prima Mostra Personale alla Neon Gallery di Bologna, in cui non espone nulla, se non un cartello affisso all’ingresso, chiuso, con la scritta TORNO SUBITO, prendendo spunto da azioni analoghe del passato, come fece Yves Klein a Parigi, nel 1958, e in parte Gino De Dominicis, quando permise la visita alla sua mostra soltanto agli animali, presso la Galleria Lucrezia de Domizio di Pescara, nel 1975.

Cattelan non cerca il bello da vedere, né ha alcuna intenzione di mostrare agli altri quanto sia tecnicamente bravo, e ciò lo sradica dalla banalità della massa, collocandolo nell’olimpo dei geni, a cui non interessa il giudizio altrui, ma soltanto comunicare e raccontare.

Maurizio Cattelan sviluppa e sperimenta, alimentato soltanto dall’irrefrenabile bisogno di sviscerare il suo tempo, per relazionare l’uomo agli avvenimenti.

Allora opere come SENZA TITOLO (inizialmente REPETITA JUVANT), in cui compare su decine di fogli una serie infinita della frase “fare la lotta in classe è pericoloso”, con l’”in” corretto in rosso e sostituito con “di”, enfatizzano i problemi vissuti in Italia durante gli anni di piombo, mentre con le lenzuola annodate in UNA DOMENICA A RIVARA propone il tema dell’evasione, della fuga, con cui l’artista induce a svincolarsi dalla storia, per combatterla, per plasmarla in maniera diversa, cosa impossibile se ci si appiattisce ai modelli imposti dalla società.

Immagine di proprietà del web

Ogni opera di Cattelan fa parlare di sé, suscita sgomento in chi non capice e forti interrogazioni tra gli intellettuali, come quando, con del nastro adesivo, appiccica al muro il gallerista Massimo De Carlo, o, ancora, quando, invitato alla Biennale di Venezia, nel 1993, decide di affittare il proprio spazio a una ditta di profumi.

-mmagine di proprietà del web

Proprio in quel periodo, Maurizio Cattelan si trasferisce a New York, dove espone in mostra personale un asino vivo. l’artista oltre alla provocazione, manifesta anche una grande cultura storica, ricordando Joseph Beuys, passato alle cronache per la sua mostra durante la quale visse con un coyote in una galleria di New York, per una settimana, nel 1974, e la personale di Jannis Kounellis, che mise in esposizione una dozzina di cavalli vivi in una galleria di Roma, nel 1969.

E il mondo animale è un elemento che si ripropone diverse volte nell’Arte di Cattelan: con lo struzzo del 1997, con la testa infilata nel pavimento; con l’elefante coperto da un lenzuolo, in stile Ku Klux Klan; con i labrador che accudiscono un pulcino.

Persino quando gli viene conferita la Laurea ad Honorem in Sociologia, regala all’Università di Trento l’opera UN ASINO TRA I DOTTORI, con l’animale imbalsamato seduto su due zampe con aria riflessiva, perplesso al tempo stesso.

E come non ricordare lo scoiattolo suicida di BIDIDIBOBIDIBOO, opera tragicomica del 1996, con la quale l’artista miscela l’aspetto ludico alla tragedia, in un chiaro avvertimento a cogliere con maggior attenzione l’evolversi sociale.

In NOVECENTO, protagonista è il cavallo, appeso al soffitto con un’imbracatura, simbolo dell’Italia contadina e provinciale, incapace di non farsi appendere e manovrare con invisibili fili da chi tesse le trame del mondo.

MAURIZIO CATTELAN: IL MESSAGGIO

Maurizio Cattelan vive la sua adolescenza in una Padova che è uno dei centri dell’Autonomia operaia, durante gli anni di piombo, in cui si respira il profumo della rivolta e il gusto acre delle turbolenze. Una realtà da cui egli rimane ai margini, tanto che l’artista ha sempre sostenuto di non credere alle ideologie, di diffidarne, anche se l’impronta politica di alcune sue opere è innegabile, come in CHRISTMAS ’95, in cui la stella cometa assume le fattezze del simbolo delle Brigate Rosse, o come quando espone un ingrandimento della foto di Aldo Moro, in prima pagina su IL CORRIERE DELLA SERA del 19 marzo 1978.

Con l’opera IL BEL PAESE, del 1994, Cattelan manifesta il proprio pensiero ambiguo nei confronti dell’Italia, collocando un tappeto circolare con la riproduzione dell’etichetta del noto Bel Paese Galbani al Castello di Rivoli, in modo che sia calpestato dai visitatori.

Immagine di proprietà del web

Concetto ribadito in maniera ancor più prepotente con la realizzazione di un video in cui lascia che due topolini sgranocchino la stessa nota forma di formaggio, fino a far scomparire l’immagine della Penisola.

E il pensiero di Cattelan urla in ANDREAS E MATTIAS, opera costituita da due figure di senzatetto posizionate all’esterno della Galleria d’Arte Moderna di Torino, nel 1996.

L’ironia e la capacità di attingere dalla verità del presente sono peculiarità dell’Arte di Cattelan, elementi distintivi che, nella Storia dell’Arte, partono dai lavori di Caravaggio per giungere fino a Piero Manzoni, attraverso diversi protagonisti, che hanno saputo fondere realtà, ironia e provocazione facendone racconto del proprio tempo.

Maurizio Cattelan è un indiscusso Maestro dell’Arte Contemporanea, non soltanto perché l’artista italiano più conosciuto e quotato nel mondo, ma soprattutto perché le sue opere vivono il momento dell’esposizione, rimbalzano sui media, suscitano stupore e interrogativi, svelano chi non ha sensibilità e smascherano i presunti esperti. Perché per giudicare Cattelan ci sono pochi riferimenti con il passato e quasi sempre con artisti incompresi da chi avrebbe dovuto capirne.

Opere che restano nella memoria e scatenano feroci dibattiti anche a distanza di tempo, radice essenziale dell’Arte con la A maiuscola.

MAURIZIO CATTELAN: LA NONA ORA

Nel 1999, Maurizio Cattelan presenta LA NONA ORA, la statua di Papa Wojtyla sdraiata su un tappeto rosso, con un meteorite che la schiaccia e con le mani saldamente strette intorno al bastone pastorale.

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Il tappeto rosso è metafora del sangue sgorgato dal sacrificio del Cristo, mentre Papa Giovanni Paolo II rappresenta il potere a trecentosessanta gradi, un potere ancorato a una fede che si presta a diverse chiavi di lettura: dio degli uomini, lusso, moneta, finanza…

La nona ora, nell’antica concezione del tempo, che si calcolava a partire dalle 6 del mattino, corrisponde alle 15, ora in cui si presume che sia morto Gesù.

Il meteorite è un oggetto che richiama l’estinzione ed è un rischio reale per tutta l’umanità, perciò il vero protagonista dell’opera è il tempo, perché l’artista ci induce a riflettere sulla fine di ogni cosa. Ma rappresenta anche il male, quando Wojtyla si trasforma nell’essere umano, che resiste tenacemente alle tentazioni ancorandosi alla fede, non soltanto cristiana, ma dettata dal buonsenso.

Un’opera che ha sollevato forti critiche da parte di molti credenti, che hanno accusato l’artista padovano di blasfemia, ma, andando oltre la banalità dell’immagine e delle facili speculazioni politico-sociali, l’opera rappresenta una delle più alte forme d’arte del nostro tempo, carica di un messaggio profondo e potente, con cui Cattelan scuote le basi del potere e costringe l’umanità a scrollarsi di dosso la banalità di quanto imposto dai media e dal sentire comune.

Il meteorite, infatti, è anche sinonimo del caso, delle situazioni, della vita, di tutto ciò che può accadere di molto più grande dell’uomo, in un chiaro messaggio con cui Maurizio Cattelan stigmatizza il potere, la ricchezza e il lusso, rappresentato dall’abbigliamento del Papa, considerato niente in confronto al vero potere della grandezza dell’universo.

MAURIZIO CATTELAN: HIM

Protagonista di quest’opera è un dittatore inginocchiato, un Hitler vestito come uno studente degli anni trenta.

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La relazione tra la preghiera e l’incarnazione del male, nell’uomo a capo di un’ideologia che provocò lo sterminio di milioni di Ebrei e che condusse tre quarti di mondo in guerra, è di una potenza devastante, capace di scuotere le stesse fondamenta su cui si basa la società contemporanea.

Cattelan ci ricorda che Hitler era un uomo come tanti, per molto tempo considerato persino un fallito, eppure riuscì a raggiungere il potere e a dettare la sua legge in tutta Europa, elemento che dovrebbe ispirare maggiore attenzione da parte di tutti.

Il male, per Cattelan, è un elemento che può nascondersi ovunque, in ciascuno di noi, anche in chi si inginocchia per pregare, in chi è devoto e non nasconde il proprio credo.

L’opera è stata battuta all’asta per 17 milioni e 200 mila dollari.

MAURIZIO CATTELAN: AVE MARIA E L.O.V.E.

Nel 2007, Cattelan presenta AVE MARIA, un gioco di parole in cui mescola Cristianesimo e Nazismo, evidente dalle tre braccia che spuntano da un muro bianco, immortalate nel saluto fascista.

Il riferimento all’idolatria dell’alta finanza, vista come nuova oppressione nazista, è esplicita, diventando motivo per una forte riflessione sul nostro presente.

Maurizio Cattelan riassume lo svilimento sia della Chiesa, sia dei valori di buon senso e di civiltà, in nome del progresso dettato dal nuovo impero nazifinanziario, in cui comandano le banche e l’Alta Finanza, che hanno soppiantato la Morale e l’umanità con la legge dei numeri, provocando milioni di poveri per soddisfare le esigenze di molti meno ricchi.

L’artista amplifica e ribadisce tale concetto anche in L.O.V.E., la scultura in marmo bianco raffigurante una mano gigante che Cattelan colloca davanti all’ingresso di Piazza Affari, in concomitanza con una sua esposizione al PAC di Milano, nel 2010.

La mano, aperta nel saluto fascista, presenta il dito medio alzato e gli altri amputati, in un chiarissimo messaggio nei confronti delle banche e della Finanza.

MAURIZIO CATTELAN: IL MAESTRO DEL CONCETTO

Maurizio Cattelan è un artista controverso, molto amato all’estero, laddove c’è una cultura maggiore, le librerie sono piene e gli scrittori possono campare di ciò che scrivono, mentre in Italia è persino disprezzato, in un Paese in cui soltanto un esiguo numero di persone spende in libri e in cultura.

Un grandissimo artista che non ammette finzioni: o sei in grado di decodificare l’universale linguaggio dell’anima, oppure no.

Cattelan non si può sviscerare con il solo studio della Storia dell’Arte, perché trascende da essa, riscrivendola e rinnovandola in ogni opera auto rinnovatrice e matacomunicativa, come solo i più grandi sono stati capaci di fare e, guarda caso, i più incompresi di sempre.

Maurizio Cattelan dimostra con installazioni provocatorie come il mondo dell’Arte sia pieno di presunti professionisti. Individui che, a di là della nozionistica scolastica e dei classici a cui aggrapparsi, sono analfabeti nel linguaggio dell’anima, di empatia, di Comunicazione e di messaggio, né conoscono in maniera esaustiva la grammatica del colore e la sintassi della provocazione.

Perciò, per non dover ammettere la loro incompetenza, più facile tentare di ridicolizzarlo, di offenderne l’arte, definendola brutta, cosa, non arte.

Senza accorgersi che il prestigio di un grandissimo artista, di colui il quale è considerato da tre quarti di mondo il più grande artista italiano vivente, sta proprio nel sollevare discussioni e di svilente c’è soltanto il numero enorme di persone incapaci di analisi di spessore partendo dalle sue installazioni provocatorie, di cui si accorgono soltanto dei materiali e degli oggetti, senza dimostrare maturità di pensiero per andare oltre.

Perché l’arte davanti alla quale si può dire soltanto “Che bella!”, non è arte.

L’arte è comunicazione, quindi messaggio, perciò dubbi, domande e meditazione.

Maurizio Cattelan è un genio del nostro tempo, perché racchiude in sé tutti questi elementi fondamentali per trasformare lavori artigianali in memorabili opere artistiche.

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