MARCELO POGOLOTTI, L’ARTISTA ITALIANO PIÙ IMPORTANTE DEI CARAIBI
Ci sono artisti dimenticati dalla storia perché non hanno avuto le migliori opportunità, né le conoscenze più influenti. Oppure perché contemporanei di maestri più famosi che dipingevano con stili simili. Uno di questi è senza dubbio Marcelo Pogolotti.
di Pasquale Di Matteo
Marcello Pogolotti nasce nel 1902, a L’Avana.
Figlio di una famiglia piemontese, il giovane Marcelo mal digerisce gli studi ingegneristici e filosofici a cui lo costringe il padre, che era giunto semplice panettiere dal Piemonte e diventato un rispettato imprenditore a Cuba, grazie a un’impresa di costruzioni di successo. Ancora oggi, a L’Avana esiste il quartiere Pogolotti, interamente edificato da Dino circa un secolo fa.
Tuttavia, il ragazzo è costretto a seguire il volere dei genitori, perciò viene mandato a Torino e poi negli Stati Uniti a seguire corsi di Ingegneria e di Filosofia, per poter entrare con competenze all’interno delle attività di famiglia.
Nel 1923, però, Dino Pogolotti muore e Marcelo decide di abbandonare i suoi studi per iscriversi alla Art Students League di New York, dove apprende i rudimenti delle tecniche, anche se abbandona presto l’istituto, per inseguire le avanguardie e il ripudio della pittura accademica, che intende rinnovare con tutto se stesso.
Così, si stabilisce per qualche tempo in Europa, dove si addentra tra i gruppi dei Surrealisti e dei Futuristi, facendo proprie molte delle loro istanze.
Nel 1927, partecipa a Exposición de Arte Nuevo, significativo evento culturale dell’epoca a Cuba, che gli conferisce una certa notorietà nell’isola.




Nelle sue opere, regna l’ambiguità della solitudine che accompagna l’individualismo, in contrapposizione a quella che sembra essere un’esaltazione non troppo velata della collettività.
Marcelo Pogolotti, da vero artista, rifiuta di fatto l’agiatezza offerta dal proseguimento dell’attività messa in piedi dal padre per vivere sostanzialmente di stenti, pur di creare, di raccontare e di sviscerare il presente.
E con la sua arte, Pogolotti non nasconde un amore per ideologie contrarie allo sfruttamento delle masse, in modo da arricchire le nicchie borghesi, come nell’opera VERSO L’ALTO, una delle prime opere Futuriste –Sociali, in cui emancipa metaforicamente la manovalanza, in un incedere verso l’alto che contrasta con la discesa del borghese con il cappello, solo, mentre a faticare sono in molti, tema espresso anche ne EL CAPITALISTA, in maniera più forte ed evidente.
Nell’opera EL ALBA, invece, oltre allo sfruttamento delle masse, Pogolotti pone l’accento sulla spersonalizzazione degli uomini, costretti a soffocare aspirazioni e attitudini non tanto per il bene comune, bensì per arricchire la fabbrica, ombra cupa all’orizzonte.
In PAESAGGIO CUBANO, egli rafforza il ruolo di manovratore del mondo interpretato dal Capitalismo, che soffocherebbe il lavoro manuale, preferendo quello delle macchine, per fruttare di più a ricchi borghesi, posti in alto, seduti nel loro ufficio, stretti negli abiti eleganti.
Con L’INTELLETTUALE, Pogolotti esprime tutto il proprio disappunto per l’avvento del Fascismo, nel volto senza sguardo del protagonista della tela, assorto nei suoi pensieri, mentre la macchina da scrivere sonnecchia, senza parole o timorosa di pronunciare ciò che vorrebbe.
Sullo sfondo, alle spalle dell’ignaro giovane, un’ombra demoniaca sembra pronta a rubare la scena, con il suo carico di morte e sofferenza.
Tuttavia, l’arte di Pogolotti non è pessimista o rancorosa, né denuncia la borghesia e il Capitalismo spinto da invidia, ma egli muove i suoi protagonisti come il bravo giocatore di scacchi sposta i pezzi sulla scacchiera, giocando la partita del dinamismo sociale e dell’esaltazione dell’operosità, vie attraverso le quali vede la possibilità di cambiamento e la necessaria spinta di rinnovamento.
Pur vicino agli ideali comunisti, Pogolotti trascende la mera denuncia sociale, per cercare una coesione, non soltanto sotto il profilo delle dinamiche sociali, ma anche quanto a stile e percorso artistico.
La laboriosità, per Pogolotti, è un valore imprescindibile dell’uomo, così come la fatica, ma per essere attività positive, queste devono essere messe a disposizione della collettività e non a favore dell’individualismo.
Marcelo Pogolotti si divise tra Europa e Cuba, aderendo alla Revolución.
Forse a causa di una presunta sifilide, l’artista accusò complicazioni alla vista sempre più gravi, fino a che non divenne completamente cieco, all’età di trentasette anni.

Purtroppo, sebbene fosse stato operato chirurgicamente due volte, non poteva permettersi ulteriori cure a causa delle sue condizioni finanziarie.
Nonostante un’attività di soli quattordici anni, la sua arte e il suo nome sono comunque legati a importanti rassegne artistiche. A Parigi, dal 1932, al 1938, dove espone in mostra personale presso la galleria Carrefour ed è tra i membri fondatori del primo movimento futurista sociale, nonché a Cuba, in diverse rassegne.
Durante gli ultimi anni, si esprimerà attraverso la stesura di saggi e romanzi e offrirà più volte servizi di Critico d’Arte, dividendosi tra Cuba e Messico.
Marcelo Pogolotti muore nel 1988 a L’Avana.