IL CASO RUDOLF HESS
Il legame tra la cattura di Rudol Hess e la misteriosa morte del Duca di Kent, fratello di re Giorgio VI, nasconde aspetti inquietanti, i cui risvolti portarono a scrivere la storia della seconda guerra mondiale.
di Pasquale Di Matteo
UN VOLO VERSO L’IGNOTO?
10 maggio 1941, ore 17:45. Rudolf Hess decolla dalla fabbrica di Messerschmitt, in Germania, alla volta della Gran Bretagna.
Dal suo cacciabombardiere ME-110 sono state disattivate le mitragliatrici e a bordo non sono presenti armi, né munizioni. Lo stesso Hess, come si addice a un perfetto inviato di pace, è disarmato.
D’un tratto, si rende conto di essere in prossimità del suo obiettivo, quindi ripiega la cartina fissata a una gamba e si concentra sulle manovre da compiere.
Uno sguardo all’orologio. Mancano pochi minuti alle ventitré. Le luci sulla pista di Dungavel sono già accese. In anticipo rispetto all’orario convenuto: le 23:05.
Sorvola la zona, allontanandosi velocemente verso la costa, dove sgancia i serbatoi supplementari a West Kilbride. Valuta che un approccio da occidente gli assicurerebbe la corretta direzione per atterrare sulla pista di Dungavel, perciò vira per collocare il velivolo nella giusta traiettoria.
Alle 23:04 si trova in prossimità alla pista, ma, con suo grande stupore, le luci che poco prima gli avevano segnalato la striscia d’asfalto dove atterrare sono spente.
Impreca. Strabuzza gli occhi per scorgere nel buio la zona prestabilita per l’atterraggio, ma invano.
Senza un segnale che gli dia la certezza di dove si trovi, è impossibile atterrare. Il carburante lo ha appena scaricato, perciò non gli resta da fare altro se non abbandonare il velivolo e paracadutarsi. Tuttavia, per un quarantasettenne sfinito dal viaggio, lungo e pericoloso, che non si è mai lanciato con il paracadute in missione, quella mossa sembra rischiosa. D’altro canto, Hess è consapevole di non poter più tergiversare, perciò, apre lo sportello, ma la pressione dell’aria lo inchioda all’interno del velivolo. Da esperto pilota qual è, alle 23:09 capovolge l’ME-110 per lasciarsi cadere nel vuoto.
Per sua fortuna, riesce a non urtare parti vitali contro il velivolo e si scheggia soltanto l’osso di una caviglia contro la coda dell’aereo, prima di atterrare in un campo, nei pressi di Floors Farm, non lontano da Eaglesham House.
Il cacciabombardiere ME-110, invece, finirà peggio, prendendo fuoco in un fazzoletto di terra più avanti. Pochi istanti dopo aver toccato terra, Rudolf Hess si accorge che un uomo sta cercando di liberarlo del paracadute.



«Mi trovo sulla proprietà del duca di Hamilton?», gli chiede.
Lo Scozzese gli mostra un punto interrogativo sulla faccia. Poi lo aiuta a mettersi in piedi e lo accompagna verso una casa non troppo distante. Aggrappato all’uomo, Hess zoppica per tutti il campo sul quale è precipitato, fino alla casa dello Scozzese.
Mentre il vice del Führer viene fatto accomodare su di una poltrona accanto a un caminetto acceso, soggiungono due militari, forse attirati dal chiasso dell’aereo precipitato. Entrano nell’abitazione dello Scozzese e uno si precipita da Hess. «Qual è il suo nome?»
Rudolf Hess dichiara: «Alfred Horn. Potrei avere un bicchiere d’acqua?»
Il suo Inglese è fluente.
«Noi, in Gran Bretagna, si beve birra.», gli risponde il militare e sorride.
Il segnale convenuto.
Hess distende i nervi. Fruga in una tasca, tirandovi fuori un biglietto che poi consegna al giovane.
«La prego.., lo consegni al duca di Hamilton. Gli dica che Alfred Horn è arrivato.»
Decide di usare ancora lo pseudonimo usato in battaglia, ma ribadisce di trovarsi lì per incontrare il duca di Hamilton. Anche se un duca ben più importante è in attesa del suo arrivo a Dungavel House.
I due militari escono dall’abitazione in concomitanza con l’arrivo di un’autovettura.
Pochi istanti più tardi, nella casa fanno il loro ingresso altri uomini: alcuni ufficiali dell’esercito, qualcuno in borghese. Enza proferire parola, prelevano Hess, cambiando per sempre il corso della storia.
Il gerarca nazista racconterà in seguito che a Dungavel house, residenza del duca di Hamilton, cugino di re Giorgio VI, avrebbe dovuto incontrare il duca di Kent, fratello del re e suo intimo amico da anni.
La sua era una missione di estrema importanza per porre fine alla guerra tra Germania e Gran Bretagna.
Una missione fallita.
UN PARTITO PACIFISTA?
La storiografia ufficiale interpreta il volo di Hess in Scozia come la missione di un uomo vittima di una grande illusione. Il gerarca nazista era profondamente persuaso che in Gran Bretagna vi fosse ad attenderlo un partito pacifista pronto a porre fine alla guerra; ciò sarebbe anche la prova dello stato mentale maniacale del vice del Führer , dipinto dalla storia come un pazzo.
Tuttavia, gli storici ortodossi sembrano aver dimenticato che, durante gli anni trenta, molti politici, tantissimi intellettuali e perfino membri della casa reale britannica erano rimasti letteralmente folgorati dalla filosofia nazista. Dopo tutto, si trattava di un sistema che era andato oltre ogni sogno azzardato: in pochi anni era stata azzerata la disoccupazione, la Germania era emersa dall’inferno della drammatica situazione economica, passando dall’iperinflazione a un benessere invidiabile. Inoltre, il Nazismo aveva raggiunto questi obiettivi debellando anche il Comunismo, il pericolo numero uno per la borghesia di tutta Europa. Non è da escludere a priori, quindi, il fatto che alcuni membri della borghesia anglosassone fossero rimasti fedeli a questa ideologia, che tanto avrebbero voluto vedere applicata anche in patria, alle prese con un’economia sempre più in difficoltà.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, il circolo monarchico che aveva governato l’Europa per secoli era stato per lo più spodestato, ridotto o, come nel caso dei Romanov, eliminato.
L’impero austroungarico era andato in pezzi, mentre il kaiser era stato mandato in esilio e suo figlio aveva rinunciato al trono, segnando la fine del Reich.
Laddove i sovrani erano rimasti, Olanda, Belgio, Gran Bretagna, avevano visto il potere diminuire fortemente.
Nel 1940, la Gran Bretagna ospitava, in esilio, le famiglie reali spodestate di mezza Europa. Questi aristocratici erano ben consapevoli del fatto che un’altra guerra non avrebbe potuto che erodere ulteriormente il loro potere e le loro ricchezze. Se una ragione è mai esistita per inseguire la possibilità di una pace all’ultimo minuto, era questa.
Va precisato che Hitler non aveva mai avuto intenzione di muovere una guerra alla Gran Bretagna, verso il cui impero nutriva un profondo rispetto, anche sotto l’influenza di Hess e di due intellettuali verso cui il Führer nutriva profondo rispetto: Haushofer e Rosenberg.
È vero anche che per la popolazione tedesca, gli Inglesi erano soltanto astuti affaristi che avevano cercato di farli morire di fame. Ma Hitler era ossessionato dall’idea secondo la quale il Secondo Reich aveva fallito nel tentativo di espandere le sue colonie perché si era trovato in competizione diretta con l’impero britannico. Era convinto che fosse necessario trovare un’intesa con la Gran Bretagna, per poi muovere le truppe verso le distese russe con l’esercito schierato a pieno organico.
Ciò è vero al punto che, nel 1943, quando sembrava imminente la resa dell’Inghilterra, Hitler scriveva: «La Gran Bretagna, per il bene del mondo, deve rimanere immutata nella forma attuale… Di conseguenza, dopo la vittoria finale, dobbiamo attuare una riconciliazione»
Hitler, d’altronde, fece di tutto per rafforzare le relazioni anglo tedesche; più volte l’ex primo ministro, David Lloyd George, fu invitato in Germania per incontrare il Führer e influenti nazisti. Così come Alfred Rosenberg e Rudolf Hess furono inviati in Inghilterra per coltivare amicizie con l’alta società anglosassone, compresa la casa reale.
In Inghilterra videro la luce molti gruppi di pace, tra i quali il Right Club, fondato dal parlamentare filonazista Archibald Ramsay, che annoverava tra i suoi membri il duca di Wellington, il barone Redesdale e quel William Joyce che fu giustiziato come traditore della patria nel 1946. Moltissimi ufficiali dell’esercito della corona britannica aderivano a gruppi di pace, non perché fossero filonazisti, ma per la paura di una nuova guerra, che volevano scongiurare a ogni costo.
Inoltre, va ricordato che una percentuale molto elevata degli industriali e dei finanzieri britannici aveva investito ingenti somme nell’industria tedesca, tanto che in un rapporto inviato a Washington dall’addetto militare USA a Londra, si affermava che la City era pronta alla pace in qualunque momento.
Le prime elezioni dopo la Prima Guerra Mondiale avevano visto il trionfo dei laburisti e, con la nazionalizzazione del settore minerario, diversi esponenti dell’alta società erano stati espropriati di un gran numero di possedimenti, cosa che accadde anche al cugino di Giorgio VI, il duca di Hamilton.
C’era, poi, il problema del debito: in molti temevano che un’altra guerra avrebbe accentuato l’ammontare dei prestiti contratti con gli Stati Uniti a causa della Prima Guerra Mondiale.
Questo sentimento fece inalberare il presidente americano, il quale, in un’intervista di quegli anni criticò le scelte delle maggiori figure dell’impero britannico: «…alcune delle maggiori figure dell’impero britannico, uomini delle cosiddette classi superiori, uomini del rango più elevato, segretamente vorrebbero riappacificarsi con Hitler e fermare la guerra.»
È opportuno aggiungere che i retroscena della Seconda Guerra Mondiale presentano molte sfaccettature inquietanti.
Benjamin Freedman, uomo d’affari di successo (era il proprietario della Woodbury Soap Co.), ebreo di New York, patriota americano che era stato membro della delegazione USA al Congresso di Versailles nel 1919, ruppe con l’ebraismo organizzato e con i circoli sionisti dopo il 1945, accusandoli di aver favorito la vittoria del comunismo in Russia.
Nel 1961, presso il Willard Hotel di Washington, davanti a un’influente platea riunita dal giornale americano Common Sense, Freedman tenne un lungo discorso, con il quale individuò in un folto gruppo di banchieri, in gran parte Ebrei, i veri fautori dell’intervento degli Stati Uniti nel primo conflitto mondiale.
Inoltre, costoro avrebbero gestito anche l’immensa cifra messa a disposizione dal Piano Marshall.
*In fondo all’articolo, un estrapolato del discorso di Freedman.
UNA STRANA SCIAGURA
Sulla collina di Eagle’s Rock, in Gran Bretagna, una croce di pietra segna il punto dove precipitò il velivolo in cui trovò la morte il duca di Kent il 25 agosto 1942. La croce fu innalzata per volere della moglie, la principessa Marina, ed è l’unico ricordo di quanto accaduto quel giorno. Ciò è piuttosto strano, poiché il duca di Kent era fratello di re Giorgio VI, inoltre, il primo membro della famiglia reale a perdere la vita in servizio attivo in oltre 500 anni.
L’epigrafe recita: “In memoria del commodoro dell’aria S.A.R. il duca di Kent K.G., K.T., G.C.M.G., G.C.V.O. e dei suoi compagni che persero la vita in servizio attivo durante un volo per l’Islanda in missione speciale il 25 agosto 1942. Che riposino in pace”.
In tutta la Gran Bretagna non esiste un solo monumento che ricordi quell’incidente.


Ufficialmente, l’idrovolante Short Sunderland, con a bordo il duca di Kent e i membri del suo staff, partito da Invergordon, sulla costa orientale della Scozia, si schiantò dopo aver percorso circa sessanta miglia sulla collina di Eagle’s Rock, forse a causa della nebbia o di un errore del pilota.
Tuttavia, vi sono molte anomalie in questo disastro.
In primo luogo, l’aereo era stato verniciato di bianco, come accadeva ai velivoli diretti in Svezia o in Islanda, che erano Paesi neutrali nel conflitto. Gli stessi piani di volo descrivevano una rotta diversa da quella effettivamente attuata: l’idrovolante non si sarebbe dovuto trovare lì.
Secondo la documentazione relativa al volo in questione, tra membri dell’equipaggio e uomini di Kent, sull’idrovolante si trovavano quindici uomini. Quando gli investigatori giunsero sul luogo dell’incidente, trovarono quindici corpi in parte carbonizzati nell’incendio successivo all’impatto e dichiararono che tutti gli uomini a bordo del velivolo erano morti. Stranamente, il pomeriggio del giorno seguente, uno dei membri dell’equipaggio che risultavano su quel volo, Andy Jack, si presentò vivo e vegeto presso il podere di un contadino della zona. Raccontò di essere svenuto dopo l’impatto e di essersi svegliato dopo alcune ore, in preda a una forte amnesia, una strana amnesia che rimosse solo i minuti dell’incidente.
Andy Jack ha sempre sostenuto di non ricordare nulla di quanto accaduto. La cosa è strana, perché, se dei quindici uomini presenti sul velivolo precipitato ci fu un sopravvissuto e le autorità trascinarono via dal luogo dell’impatto quindici cadaveri, chi era il sedicesimo uomo?
La notizia della morte di un membro della casa reale britannica fece il giro del mondo e monopolizzò le prime pagine delle testate più importanti, ma il funerale ebbe un profilo decisamente basso; ufficialmente, la casa reale giustificò questa scelta sostenendo che sembrava opportuno portare rispetto alle migliaia di famiglie che registravano lutti a causa della guerra. Chissà perché, al contrario, non fu giudicato di cattivo gusto proclamare quattro settimane di lutto.
Ma, a quale missione speciale si riferiva la principessa Marina? E, ancora, perché il 9 settembre, la stessa principessa inviò un telegramma di condoglianze alla madre del maggiore Lewis, sostenendo che il figlio della donna e suo marito erano morti per la stessa degna causa?
Il duca di Kent, benché ufficialmente a capo del servizio segreto britannico, MI5 ed MI6, dallo scoppio della guerra si occupava di portare una parola di conforto alle truppe, un po’ come molti capi di stato fanno ancora oggi con gli eserciti in guerra.
Perché quella volta la missione sarebbe stata speciale?
Secondo le testimonianze di decine di abitanti della zona, un uomo che somigliava in maniera impressionante a Rudolf Hess fu tenuto prigioniero in una vecchia casa isolata nei pressi di Loch More, piccola località a poche miglia dal luogo del disastro aereo.
Secondo le ricostruzioni di Lynn Picknett, Clive Prince e Stephen Prior, la missione di Kent consisteva nel prelevare il gerarca nazista dalla sua prigione per portarlo in salvo, fuori dalla Gran Bretagna. A missione compiuta, re Giorgio avrebbe chiesto le immediate dimissioni di Churchill, il quale sarebbe stato sostituito dal diplomatico Samuel Hoare. In seguito, sarebbe stata raggiunta un’intesa tra Gran Bretagna e Germania per un immediato cessate il fuoco.
D’altro canto, al di là del pensiero di Hitler e del fascino nazista per i britannici, il Führer aveva bisogno di convogliare ogni sforzo bellico alla missione che considerava in assoluto la più importante: la conquista dell’Unione Sovietica.
Tuttavia, Churchill non era certo un ingenuo e poteva contare sull’appoggio del servizio d’intelligence statunitense. Negli Usa, in quel periodo, i finanzieri e le grandi aziende produttrici di armi spingevano per un intervento nel conflitto, poiché già ne assaporavano i profitti; se l’Inghilterra avesse siglato una pace con la Germania, non ci sarebbero più stati i presupposti per spiegare l’intervento all’opinione pubblica e le grandi banche internazionali avrebbero perso i profitti di una guerra allargata e più duratura. A catturare Rudolf Hess non furono agenti dell’MI6, ma del SOE, un servizio segreto parallelo voluto da Churchill in persona e costituitosi soltanto pochi mesi prima.
Così come non si poteva permettere a Hess di siglare un armistizio con la casa reale britannica, Churchill e i finanzieri americani non potevano permettere al duca di Kent di portare a termine la sua missione speciale.
Queste erano anche le tesi di un noto giornalista britannico dell’epoca, che trovò la morte in circostanze altrettanto misteriose: esattamente dieci giorni dopo la tragedia di Kent, un altro Sunderland precipitò, uccidendo Fred Nancarrow, reporter di Glasgow.
Da sempre, negli ambienti giornalistici della città scozzese circola la convinzione che Nancarrow sia stato ucciso; il giornalista, d’altronde, era l’unico reporter della Gran Bretagna ad aver seguito sia il caso della cattura di Rudolf Hess che l’incidente del duca di Kent e stava indagando per dimostrare una correlazione tra le due situazioni.
Ma se Rudolf Hess trovò la morte insieme al duca di Kent, chi partecipò al processo di Norimberga con le generalità del gerarca nazista?
Molti indizi fanno supporre che si trattasse di un sosia.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Hess aveva prestato servizio come aviatore e, durante una missione, era stato ferito gravemente al polmone sinistro da una pallottola di mitragliatrice; negli anni trascorsi nel carcere di Spandau, dove fu rinchiuso dopo il processo di Norimberga, Hess fu visitato da ben cinquantaquattro medici diversi, ma nessuno trovò traccia delle vistose cicatrici che Rudolf Hess presentava, sia sul tronco che sul dorso, in corrispondenza del foro di entrata e di uscita della pallottola.
Va precisato che, in quegli anni, non esisteva alcuna tecnica di chirurgia plastica in grado di far sparire le cicatrici in questione.
Inspiegabilmente, poi, alla moglie e al figlio del gerarca nazista fu impedito di vedere il familiare per alcuni anni e, quando finalmente poterono riabbracciarlo, entrambi sostennero per tutta la vita che quell’uomo non fosse Rudolf Hess.
Per diversi anni, dal carcere di Spandau uscirono in libertà tutti i detenuti nazisti, fino a che rimase soltanto il presunto Rudolf Hess, mai liberato.
Nel 1987, l’uomo si suicidò, impiccandosi, ma l’infermiere, con il quale trascorreva ogni giorno, continuò ad affermare che il detenuto numero 7, a suo avviso, fosse stato ucciso, perché, ormai da tempo, chiedeva di poter parlare con la stampa per raccontare la sua verità.
Malgrado le insistenze della famiglia e dello stesso infermiere, fu negata l’autopsia sul cadavere, come a voler evitare clamorose scoperte.
CONCLUSIONI
Al di là di ogni ipotesi di complotto, è innegabile il ruolo decisivo dei servizi d’intelligence americani nella sconfitta della Germania, nonché di trame orchestrate da poteri occulti, che nell’eliminazione di Hitler hanno trovato il percorso migliore per realizzare i loro profitti. Se ciò da un lato ha portato alla sconfitta di un’ideologia perversa e violenta qual era il nazismo, dall’altro ha concesso agli Stati Uniti il dominio del mondo, prima sotto il profilo economico e successivamente politico, dopo la dissoluzione dell’URSS.
Il mondo costruito dal dominio americano è un luogo governato da poche famiglie di super ricchi, i quali sono in grado di orientare le scelte politiche dei più importanti Paesi del globo mediante spregiudicate operazioni finanziarie. Ciò è reso possibile grazie a una globalizzazione economica che rende sempre più difficile, per i governi, arginare i capricci dei mercati per garantire sovranità nazionali ormai svilite e svuotate di significato.
Il fatto che la Cina abbia raggiunto i successi economici che tutto il mondo ha potuto scoprire negli ultimi anni ha colto di sorpresa gli analisti statunitensi, che mai avrebbero immaginato che un Paese comunista potesse crescere economicamente così impetuosamente e in un arco di tempo tanto ristretto.
Non posso affermare con certezza che davvero il crollo delle Torri Gemelle sia stato causato da un’operazione organizzata e gestita dal governo americano o dai servizi d’intelligence, ma è chiaro che l’11 settembre 2001 è servito a Bush per procrastinare nel tempo il default degli Stati Uniti, attraverso una forte ricapitalizzazione del debito avvenuta grazie ai guadagni prospettati dalle numerose nuove guerre cui il crollo delle Torri ha portato. Come l’impossibilità di raggiungere un accordo di pace tra Inghilterra e Germania, durante il secondo conflitto mondiale, permise agli Stati Uniti di entrare in guerra e di uscirne padroni del mondo.
La crisi finanziaria scaturita nel 2008 ha poi decretato il fallimento del liberismo sfrenato che tanto è stato in voga in Usa e in Europa dagli anni ottanta del secolo scorso, creando nel mondo occidentale una frattura forse insanabile tra le grandi ricchezze e l’umiltà del popolo delle buste paga.
Per la gente comune, per chi vive di stipendio e non di spregiudicate operazioni finanziarie, non esistono più punti di riferimento, né certezze per il futuro; i diritti del mondo del lavoro, conquistati in anni di lotte e vertenze, vengono cancellati o snaturati ogni giorno, in nome della volontà dei mercati, i quali hanno sostituito ogni forma divina come forze superiori da temere, poiché onnipotenti.
Le psicosi nate per la paura di attentati generati dopo l’11 settembre 2001 hanno lasciato il campo alla paura di perdere il lavoro, alla rabbia e all’angoscia provocata dal sentirsi stretti nella morsa della nuova schiavitù.
Per evitare che la Cina possa snaturare gli equilibri della grande finanza, il mondo occidentale sta cercando di trasformare la propria società, fondando le nuove politiche economiche e di welfare sulla paura, per giustificare i continui tagli di spesa e la cancellazione dei più elementari diritti dell’uomo.
Tutto pur di evitare agli attori del liberismo di soccombere nei confronti del padrone del nuovo millennio: la Cina.
Se ci fate caso, ogni dieci anni circa arriva una paura globale: 11 settembre 2001, crisi del 2008/2010, Covid.
Quanti si opporranno ai tagli o ai nuovi contratti privi di regole quando i governi dichiareranno che non esistono alternative poiché non ci sono soldi?
ESTRAPOLATO DEL DISCORSO DI BENJAMIN FREEDMAN A WASHINGTON NEL 1961
*«… Qui negli Stati Uniti, i sionisti e i loro correligionari hanno il completo controllo del nostro governo. Per varie ragioni, troppo numerose e complesse da spiegare qui, i sionisti dominano questi Stati Uniti come i monarchi assoluti di questo Paese. Voi direte che è un’accusa troppo generale: lasciate che vi spieghi quel che ci è accaduto mentre noi tutti dormivamo. Che cosa accadde? La Prima Guerra Mondiale scoppiò nell’estate del 1914. Non sono molti a ricordare, qui presenti. In quella guerra, Gran Bretagna, Francia e Russia erano da una parte; dalla parte avversa, Germania, Austria-Ungheria e Turchia. Entro due anni, la Germania aveva vinto quella guerra. Non solo nominalmente, ma effettivamente. I sottomarini tedeschi, che stupirono il mondo, avevano fatto piazza pulita di ogni convoglio che traversava l’Atlantico. La Gran Bretagna era priva di munizioni per i suoi soldati, e poche riserve alimentari, dopo cui, la prospettiva della fame. L’armata francese s’era ammutinata: aveva perso 600 mila giovani nella difesa di Verdun sulla Somme. L’armata russa stava disertando in massa, tornavano a casa, non amavano lo Zar e non volevano più morire. L’esercito italiano era collassato a Caporetto. Non un colpo era stato sparato su suolo tedesco. Non un solo soldato nemico aveva attraversato la frontiera germanica. Eppure, in quell’anno (1916) la Germania offrì all’Inghilterra la pace. Offriva all’Inghilterra un negoziato di pace su quella base, che i giuristi chiamano dello ‘status quo ante’. Ciò significa: ‘Facciamola finita, e lasciamo tutto com’era prima che la guerra cominciasse’. L’Inghilterra, nell’estate del 1916, stava seriamente considerando quest’offerta. Non aveva scelta. O accettava quest’offerta magnanima, o la prosecuzione della guerra avrebbe visto la sua disfatta. In questo frangente, i sionisti tedeschi, che rappresentavano il sionismo dell’Europa Orientale, presero contatto col Gabinetto di Guerra britannico… la faccio breve perché è una lunga storia, ma ho i documenti che provano tutto ciò che dico… e dicono: ‘Potete ancora vincere la guerra. Non avete bisogno di cedere. Potete vincere se gli Stati Uniti intervengono al vostro fianco. Gli Stati Uniti non erano in guerra allora… Eravamo nuovi; eravamo giovani; eravamo ricchi; eravamo potenti. Essi dissero all’Inghilterra: ‘Noi siamo in grado di portare gli Stati Uniti in guerra come vostro alleato, per battersi al vostro fianco, se solo ci promettete la Palestina dopo la guerra… Ora, l’Inghilterra aveva tanto diritto di promettere la Palestina ad altri quanto gli Stati Uniti hanno il diritto di promettere il Giappone all’Irlanda. È assolutamente assurdo che la Gran Bretagna, che non aveva mai avuto alcun interesse o collegamento con quella che oggi chiamiamo Palestina, potesse prometterla come moneta in cambio dell’intervento americano. Tuttavia, fecero questa promessa, nell’ottobre 1916 con la Dichiarazione Balfour… E poco dopo, non so se qualcuno di voi lo ricorda, gli Stati Uniti, che erano quasi totalmente pro-germanici, entrarono in guerra come alleati della Gran Bretagna. Dico che gli Stati Uniti erano quasi totalmente filotedeschi perché i giornali qui erano controllati dagli ebrei, dai nostri banchieri ebrei – tutti i mezzi di comunicazione di massa – e gli ebrei erano filo-tedeschi. Perché molti di loro provenivano dalla Germania, e anche volevano vedere la Germania rovesciare lo Zar; non volevano che la Russia vincesse. Questi banchieri ebrei tedeschi, come Kuhn Loeb e delle altre banche d’affari negli Stati Uniti, avevano rifiutato di finanziare la Francia o l’Inghilterra anche con un solo dollaro. Dicevano: ‘Finché l’Inghilterra è alleata alla Russia, nemmeno un centesimo!’. Invece, finanziavano la Germania; si battevano con la Germania contro la Russia. Ora, questi stessi ebrei, quando videro la possibilità di ottenere la Palestina, andarono in Inghilterra e fecero l’accordo che ho detto. Tutto cambiò di colpo, come un semaforo che passa dal rosso al verde. Dove i giornali erano filotedeschi… di colpo, la Germania non era più buona. Erano i cattivi. Erano gli Unni. Sparavano sulle crocerossine. Tagliavano le mani ai bambini. Poco dopo, mister Wilson dichiarava guerra alla Germania. I sionisti di Londra avevano spedito telegrammi al giudice Brandeis: ‘Lavorati il presidente Wilson. Noi abbiamo dall’Inghilterra quello che vogliamo. Ora tu lavorati il presidente Wilson e porta gli USA in guerra’. Così entrammo in guerra. Non avevamo interessi in gioco. Non avevamo ragione di fare questa guerra, più di quanto non ne abbiamo di essere sulla luna stasera, anziché in questa stanza. Ci siamo stati trascinati perché i sionisti potessero avere la Palestina. Questo non è mai stato detto al popolo americano. Appena noi entrammo in guerra, i sionisti andarono dalla Gran Bretagna e dissero: ‘Bene, noi abbiamo compiuto la nostra parte del patto. Metteteci qualcosa per iscritto come prova che ci darete la Palestina’. Non erano sicuri che la guerra durasse un altro anno o altri dieci. Per questo cominciarono a chiedere il conto. La ricevuta. Che prese la forma di una lettera, elaborata in un linguaggio molto criptico, in modo che il resto del mondo non capisse di che si trattava. Questa fu chiamata la Dichiarazione Balfour… Da qui cominciano tutti i problemi… Sapete quello che accadde. Quando la guerra finì, la Germania andò alla Conferenza di Pace di Parigi nel 1919. Nella delegazione USA c’erano 117 ebrei, a rappresentare gli Stati Uniti, capeggiati da Bernard Baruch. C’ero anch’io, e per questo lo so. Che cosa accadde dunque? Alla Conferenza di Pace, mentre si tagliava a pezzi la Germania e si spezzettava l’Europa per darne parti a tutte quelle nazioni che reclamavano il diritto a un certo territorio europeo, gli ebrei presenti dissero: ‘E la Palestina per noi?’, ed esibirono la Dichiarazione Balfour. Per la prima volta a conoscenza dei tedeschi. Così i tedeschi per la prima volta compresero: ‘Ah, era questa la posta! Per questo gli Stati Uniti sono entrati in guerra’. Per la prima volta i tedeschi compresero che erano stati disfatti, che subivano le tremende riparazioni che gli erano imposte dai vincitori, perché i sionisti volevano la Palestina ed erano decisi ad averla ad ogni costo. Qui è un punto interessante. Quando i tedeschi capirono, naturalmente cominciarono a nutrire rancore. Fino a quel giorno, gli ebrei non erano mai stati meglio in nessun Paese come in Germania. C’era Rathenau là, che era cento volte più importante nell’industria e nella finanza di Bernard Baruch in questo Paese. C’era Balin, padrone di due grandi compagnie di navigazione, la North German Lloyd’s e la Hamburg-American Lines. C’era Bleichroder, che era il banchiere della famiglia Hohenzollern. Cerano i Warburg di Amburgo, i grandi banchieri d’affari, i più grandi del mondo. Gli ebrei prosperavano davvero in Germania. E i tedeschi ebbero la sensazione di essere stati venduti, traditi. Fu un tradimento che può essere paragonato a questa situazione ipotetica: immaginate che gli USA siano in guerra con l’URSS. E che stiamo vincendo. E che proponiamo all’Unione Sovietica: ‘Va bene, smettiamola. Ti offriamo la pace’. E d’improvviso la Cina Rossa entra in guerra come alleato dell’URSS, e la sua entrata in guerra ci porta alla sconfitta. Una sconfitta schiacciante, con riparazioni da pagare tali, che l’immaginazione umana non può comprendere. Immaginate che, dopo la sconfitta, scopriamo che sono stati i cinesi nel nostro Paese, i nostri concittadini cinesi, che abbiamo sempre pensato leali cittadini al nostro fianco, a venderci all’URSS, perché sono stati loro a portare in guerra la Cina contro di noi. Cosa provereste, allora, in USA, contro i cinesi? Non credo che uno solo di loro oserebbe mostrarsi per la strada; non ci sarebbero abbastanza lampioni a cui impiccarli. Ebbene: è quello che provarono i tedeschi verso quegli ebrei. Erano stati tanto generosi con loro: quando fallì la prima Rivoluzione russa e tutti gli ebrei dovettero fuggire dalla Russia, ripararono in Germania, e la Germania diede loro rifugio. Li trattò bene. Dopo di che, costoro vendono la Germania per la ragione che vogliono la Palestina come ‘focolare ebraico’… Ora Nahum Sokolow, e tutti i grandi nomi del sionismo, nel 1919 fino al 1923 scrivevano proprio questo: che il rancore contro gli ebrei in Germania era dovuto al fatto che sapevano che la loro grande disfatta era stata provocata dall’interferenza ebraica, che aveva trascinato nella guerra gli USA. Gli ebrei stessi lo ammettevano… Tanto più che la Grande Guerra era stata scatenata contro la Germania senza una ragione, una responsabilità tedesca. Non erano colpevoli di nulla, tranne che di avere successo. Avevano costruito una grande nazione. Avevano una rete commerciale mondiale. Dovete ricordare che la Germania al tempo della Rivoluzione francese consisteva di 300 piccole città-stato, principati, ducati e così via. E fra l’epoca di Napoleone e quella di Bismarck, quelle 300 microscopiche entità politiche separate si unificarono in uno Stato. Ed entro 50 anni la Germania era divenuta una potenza mondiale. La sua marina rivaleggiava con quella dell’Impero britannico, vendeva i suoi prodotti in tutto il mondo, poteva competere con chiunque, la sua produzione industriale era la migliore. Come risultato, che cosa accadde? Inghilterra, Francia e Russia si coalizzarono per stroncare la Germania… Quando la Germania capì che gli ebrei erano i responsabili della sua sconfitta, naturalmente nutrì rancore. Ma a nessun ebreo fu torto un capello in quanto ebreo. Il professor Tansill, della Georgetown University, che ha avuto accesso a tutti i documenti riservati del Dipartimento di Stato, ne cita uno scritto da Hugo Schoenfeldt, un ebreo che Cordell Hull inviò in Europa nel 1933 per investigare sui cosiddetti campi di prigionia politica, e riferì al Dipartimento di Stato USA di avere trovato i detenuti in condizioni molto buone. Solo erano pieni di comunisti. E in quantità erano ebrei, perché a quel tempo il 98% dei comunisti in Europa erano ebrei. Qui, occorre qualche spiegazione storica. Nel 1918-19 i comunisti presero il potere in Baviera per qualche giorno, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht ed altri, tutti ebrei. Infatti a guerra finita il Kaiser scappò in Olanda perché i comunisti stavano per impadronirsi della Germania e lui aveva paura di fare la fine dello Zar. Una volta schiacciata la minaccia comunista, gli ebrei ancora lavorarono… erano 460 mila ebrei fra 80 milioni di tedeschi, l’1,5% della popolazione, eppure controllavano la stampa, e controllavano l’economia perché avevano valuta estera e quando il marchio svalutò comprarono tutto per un pezzo di pane… Gli ebrei tengono nascosto questo, non vogliono che il mondo comprenda che avevano tradito la Germania e i tedeschi se lo ricordavano. I tedeschi presero misure contro gli ebrei. Li discriminarono dovunque possibile. Allo stesso modo noi tratteremmo i cinesi, i negri, i cattolici, o chiunque in questo Paese che ci avesse venduto al nemico e portato alla sconfitta. Ad un certo punto gli ebrei del mondo convocarono una conferenza ad Amsterdam. E qui, venuti da ogni parte del mondo nel luglio 1933, intimarono alla Germania: ‘Mandate via Hitler, rimettete ogni ebreo nella posizione che aveva, sia comunista o no. Non potete trattarci in questo modo. Noi, gli ebrei del mondo, lanciamo un ultimatum contro di voi. Potete immaginare come reagirono i tedeschi. Nel 1933, quando la Germania rifiutò di cedere alla conferenza mondiale ebraica di Amsterdam, Samuel Untermeyer, che era il capo della delegazione americana e presidente della conferenza, tornò in USA, andò agli studios della Columbia Broadcasting System (CBS) e tenne un discorso radiofonico in cui in sostanza diceva: ‘Gli ebrei del mondo dichiarano ora la Guerra Santa contro la Germania. Siamo ora impegnati in un conflitto sacro contro i tedeschi. Li piegheremo con la fame. Useremo contro di essi il boicottaggio mondiale. Così li distruggeremo, perché la loro economia dipende dalle esportazioni. E di fatto i due terzi del rifornimento alimentare tedesco dovevano essere importati, e per importarlo dovevano vendere, esportare, i loro prodotti industriali. All’interno, producevano solo abbastanza cibo per un terzo della popolazione. Ora in quella dichiarazione, che io ho qui e che fu pubblicata sul New York Times del 7 agosto 1933, Samuel Untermeyer dichiarò audacemente che ‘questo boicottaggio economico è il nostro mezzo di autodifesa. Il presidente Roosevelt ha propugnato la sua adozione nella Nation Recovery Administration’, che, qualcuno di voi ricorderà, imponeva il boicottaggio contro qualunque Paese non obbedisse alle regole del New Deal, e che poi fu dichiarato incostituzionale dalla Corte Suprema. Tuttavia, gli ebrei del mondo intero boicottarono la Germania, e il boicottaggio fu così efficace che non potevi più trovare nulla nel mondo con la scritta ‘Made in Germany’. Un dirigente della Woolworth Co. mi raccontò allora che avevano dovuto buttare via milioni di dollari di vasellame tedesco; perché i negozi erano boicottati se vi si trovava un piatto con la scritta ‘Made in Germany’; vi formavano davanti dei picchetti con cartelli che dicevano ‘Hitler assassino e così via. In un magazzino Macy, di proprietà di una famiglia ebraica, una donna trovò calze con la scritta ‘Made in Germany. Vidi io stesso il boicottaggio di Macy’s, con centinaia di persone ammassate all’entrata con cartelli che dicevano ‘Assassini’, ‘Hitleriani’, eccetera. Va notato che fino a quel momento in Germania non era stato torto un capello sulla testa di un ebreo. Non c’era persecuzione, né fame, né assassini, nulla. Ma naturalmente, adesso i tedeschi cominciarono a dire: ‘Chi sono questi che ci boicottano, e mettono alla disoccupazione la nostra gente e paralizzano le nostre industrie?’. Così cominciarono a dipingere svastiche sulle vetrine dei negozi di proprietà degli ebrei… Ma solo nel 1938, quando un giovane ebreo polacco entrò nell’ambasciata tedesca a Parigi e sparò a un funzionario tedesco, solo allora i tedeschi cominciarono ad essere duri con gli ebrei in Germania. Allora li vediamo spaccare le vetrine e fare pestaggi per la strada. Io non amo usare la parola ‘antisemitismo’ perché non ha senso, ma siccome ha un senso per voi, dovrò usarla. La sola ragione del risentimento tedesco contro gli ebrei era dovuta al fatto che essi furono i responsabili della Prima Guerra mondiale e del boicottaggio mondiale. In definitiva furono responsabili anche della Seconda Guerra mondiale, perché una volta sfuggite le cose dal controllo, fu assolutamente necessario che gli ebrei e la Germania si battessero in una guerra per questione di sopravvivenza. Nel frattempo io ho vissuto in Germania, e so che i tedeschi avevano deciso che l’Europa sarebbe stata comunista o ‘cristiana’: non c’è via di mezzo. E i tedeschi decisero che avrebbero fatto di tutto per mantenerla ‘cristiana’. Nel novembre 1933 gli Stati Uniti riconobbero l’Unione Sovietica. L’URSS stava diventando molto potente, e la Germania comprese che ‘presto toccherà a noi, se non saremo forti. È la stessa cosa che diciamo noi, oggi, in questo Paese. Il nostro governo spende 83-84 miliardi di dollari per la difesa. Difesa contro chi? Contro 40mila piccoli ebrei a Mosca che hanno preso il potere in Russia, e con le loro azioni tortuose, in molti altri Paesi del mondo… Che cosa ci aspetta? Se scateniamo una guerra mondiale che può sboccare in una guerra atomica, l’umanità è finita. Perché una simile guerra può avvenire? Il fatto è che il sipario sta di nuovo salendo. Il primo atto fu la Grande Guerra, l’atto secondo la Seconda guerra mondiale, l’atto terzo sarà la Terza guerra mondiale. I sionisti e i loro correligionari dovunque vivano, sono determinati ad usare di nuovo gli Stati Uniti perché possano occupare permanentemente la Palestina come loro base per un governo mondiale. Questo è vero come è vero che sono di fronte a voi. Non solo io ho letto questo, ma anche voi lo avete letto, ed è noto a tutto il mondo… Io avevo una idea precisa di quello che stava accadendo: ero l’ufficiale di Henry Morgenthau Sr. nella campagna del 1912 in cui il presidente Woodrow Wilson fu eletto. Ero l’uomo di fiducia di Henry Morgenthau Sr., che presiedeva la Commissione Finanze, ed io ero il collegamento tra lui e Rollo Wells, il tesoriere. In quelle riunioni il presidente Wilson era a capo della tavola e c’erano tutti gli altri, e io li ho sentiti ficcare nel cervello del presidente Wilson la tassa progressiva sul reddito e quel che poi divenne la Federal Reserve, e li ho sentiti indottrinarlo sul movimento sionista. Il giudice Brandeis e il presidente Wilson erano vicini come due dita della mano. Il presidente Wilson era incompetente come un bambino. Fu così che ci trascinarono nella Prima guerra mondiale, mentre tutti noi dormivamo… Quali sono i fatti a proposito degli ebrei? Li chiamo ebrei perché così sono conosciuti, ma io non li chiamo ebrei. Io mi riferisco ad essi come ai ‘cosiddetti ebrei’, perché so chi sono. Gli ebrei dell’Europa orientale, che formano il 92% della popolazione mondiale di queste genti che chiamano se stesse ‘ebrei’, erano originariamente Kazari. Una razza mongolica, turco-finnica. Erano una tribù guerriera che viveva nel cuore dell’Asia. Ed erano tali attaccabrighe che gli asiatici li spinsero fuori dall’Asia, nell’Europa orientale. Lì crearono un grande regno Kazaro di 800 mila miglia quadrate. A quel tempo [verso l’800 dopo Cristo] non esistevano gli USA, né molte nazioni europee… Erano adoratori del fallo, che è una porcheria, e non entro in dettagli. Ma era questa la loro religione, come era anche la religione di molti altri pagani e barbari. Il re Kazaro finì per disgustarsi della degenerazione del proprio regno, sì che decise di adottare una fede monoteistica – il cristianesimo, l’Islam, o quello che oggi è noto come ebraismo, che è in realtà talmudismo. Gettando un dado, egli scelse l’ebraismo, e questa diventò la religione di Stato. Egli mandò inviati alle scuole talmudiche di Pambedita e Sura e ne riportò migliaia di rabbini, aprì sinagoghe e scuole, e il suo popolo diventò quelli che chiamiamo ‘ebrei orientali’. Non c’era uno di loro che avesse mai messo piede in Terra Santa. Nessuno! Eppure sono loro che vengono a chiedere ai cristiani di aiutarli nelle loro insurrezioni in Palestina dicendo: ‘Aiutate a rimpatriare il Popolo Eletto da Dio nella sua Terra Promessa, la loro patria ancestrale, è il vostro compito come cristiani… voi venerate un ebreo [Gesù] e noi siamo ebrei!’. Ma sono pagani Kazari che si sono convertiti. E’ ridicolo chiamarli ‘popolo della Terra Santa’, come sarebbe chiamare 53 milioni di cinesi musulmani ‘Arabi’. Ora, immaginate quei cinesi musulmani a 2.000 miglia dalla Mecca, se si volessero chiamare ‘arabi’ e tornare in Arabia. Diremmo che sono pazzi. Ora, vedete com’è sciocco che le grandi nazioni cristiane del mondo dicano: ‘Usiamo il nostro potere e prestigio per rimpatriare il Popolo Eletto da Dio nella sua patria ancestrale’. C’è una menzogna peggiore di questa? Perché loro controllano giornali e riviste, la televisione, l’editoria, e perché abbiamo ministri dal pulpito e politici dalla tribuna che dicono le stesse cose, non è strano che crediate in questa menzogna. Credereste che il bianco è nero se ve lo ripetessero tanto spesso. Questa menzogna è il fondamento di tutte le sciagure che sono cadute sul mondo. Sapete cosa fanno gli ebrei nel giorno dell’Espiazione, che voi credete sia loro tanto sacro? Non ve lo dico per sentito dire… Quando, il giorno dell’Espiazione, si entra in una sinagoga, ci si alza in piedi per la primissima preghiera che si recita. Si ripete tre volte, è chiamata ‘Kol Nidre’. Con questa preghiera, fai un patto con Dio Onnipotente che ogni giuramento, voto o patto che farai nei prossimi dodici mesi sia vuoto e nullo. Il giuramento non sia un giuramento, il voto non sia un voto, il patto non sia un patto. Non abbiano forza. E inoltre, insegna il Talmud, ogni volta che fai un giuramento, un voto o un patto, ricordati del Kol Nidre che recitasti nel giorno della Espiazione, e sarai esentato dal dovere di adempierli. Come potete fidarvi della loro lealtà? Potete fidarvi come si fidarono i tedeschi nel 1916. Finiremo per subire lo stesso destino che la Germania ha sofferto, e per gli stessi motivi».
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