RENÉ MAGRITTE
IL DUBBIO DI MAGRITTE
DUBIUM SAPIENTIAE INITIUM, DICEVA CARTESIO, OVVERO: IL DUBBIO È IL PRINCIPIO DELLA SAGGEZZA; IL CONCETTO SOCRATICO DI INTELLIGENZA CHE HA ISPIRATO L’ARTE E LA POETICA DI RENÉ MAGRITTE, UNO DEI PIÙ GRANDI MAESTRI DELLA STORIA DELL’ARTE.
di Pasquale Di Matteo
IL DUBBIO DI MAGRITTE: BREVE STORIA DEL DUBBIO
Fin dall’antichità, il dubbio è la condizione mentale indispensabile per valutare l’intelligenza, la capacità grazie alla quale è possibile non credere ciecamente a una certezza e si è, invece, in grado di mettere in discussione una presunta verità.
Nella Filosofia, il primo grande pensatore a filosofare in merito al dubbio fu Socrate, che partì dal ritenersi ignorante, perciò sapiente, nel suo saper di non sapere, e quindi più aperto al ragionamento di chi non si accorgeva nemmeno di tale verità logica.
Da ciò, Socrate dedusse che la verità nasce da sé, da quanto siamo disposti a credere, o, meglio, da quanto il nostro sapere riesce a dare alla mente facoltà di comprendere, di attivare quella capacità di porsi domande che distingue l’intelligenza dalla stupidità.
Senza prendere in considerazione i pensatori dell’Atarassia, molti altri grandi Filosofi hanno parlato del dubbio come fonte di intelligenza, tra cui: Platone, Carneade, Arcesilao…
Lo stesso Cartesio, più tardi, stabilì che nessuna verità può esistere se non nata dal dubbio, che l’intelligenza si manifesta nel dubitare nel (COGITO) e non nell’accettare, da cui il famoso COGITO, ERGO SUM.
Fu poi Kant a trasformare il dubbio in critica, CRITICISMO, cioè volgendo lo sguardo non sulla presunta verità come si fa con i presunti colpevoli in un Tribunale, bensì sulla possibilità di accedere alla verità.
Partendo dal voler svincolare la validità scientifica dalle critiche mosse da alcuni Filosofi, come David Hume, per esempio, Kant tentò di dimostrare l’inconciliabilità della realtà in sé, ma ciò portò allo svilimento soggettivo di ogni certezza, da cui si generò la corrente idealista.
IL DUBBIO DI MAGRITTE: LA TRAHISON DES IMAGES
Anche nell’arte, il dubbio trovò motivo di insinuarsi e di prosperare nelle opere di diversi maestri di pittura o di letterati, come in Magritte.
Un’opera in cui il dubbio è indiscusso protagonista ed è esempio esaustivo della poetica di René Magritte è La Trahison des images, che molti ricordano più per l’affermazione Ceci n’est pas une pipe.

Si tratta di un lavoro del 1929, in cui l’artista belga, con prepotente semplicità, pose il ragionamento e il quoziente intellettivo a protagonisti dell’opera, del messaggio, facendone metacomunicazione.
Il testo inserito sotto la pipa, d’altronde, è emblematico: Questa non è una pipa.
Eppure, l’immagine raffigurata è una pipa, indubbiamente, tuttavia, indubbiamente significa senza dubbio.
Ecco, dunque, il paradosso, che ci induce a porci domande proprio in virtù di ribaltare la certezza cominciando a dubitare.
Allora, diventa fondamentale indagare sulla pipa, perciò chiedersi se quella che vediamo nel dipinto si può fumare.
A quel punto, risulta evidente che nessuno possa fumarsi l’opera di Magritte, di conseguenza è innegabile il fatto che quella raffigurata nel dipinto non sia una pipa e nessuno degli elementi che lo compongono sono riconducibili a una qualsiasi pipa, né i colori, tanto meno il supporto.
Perciò, soltanto dopo aver messo in dubbio ciò che tutti avrebbero ritenuto evidente, emerge l’oggettiva verità, ovvero che l’opera in questione presenta parti di un testo, (ma non scritto, in realtà dipinto), e un insieme di colori, di segni e di tratti che simulano l’immagine di una pipa.
Renè Magritte dipinse la pipa così come possiamo notarla, giocando sulle parole del titolo e del testo inserito, La Trahison des images – Il tradimento delle immagini, e Ceci n’est pas une pipe.
In quest’opera, non soltanto si sviluppa il concetto del dubbio, ma anche quello dei punti di vista, perché è innegabile che l’opera in questione rappresenti una pipa, ma, al tempo stesso, nessuno può affermare che quella che stiamo osservando sia una pipa, poiché non la si può fumare.
Viene spacciata per essere una pipa, ma, pur in apparenza evidente, pipa non è.
IL DUBBIO DI MAGRITTE: LA BIOGRAFIA
René Magritte era nato a Lessines, il 21 novembre 1898, in Belgio.
Dopo un’infanzia turbata dalla prematura scomparsa della madre, in seguito a un suicidio che sollevò più di qualche dubbio e diede adito a parecchie leggende, Magritte si avvicinò al mondo della pittura, affascinato dalle avanguardie del Novecento, in particolare da Cubismo e Futurismo.
Fu grazie alla passione per i lavori di De Chirico che l’artista belga evolse non soltanto lo stile, ma l’impianto poetico della sua arte.
Il suo avvicinamento al Surrealismo nasce dall’esistenza di dare un senso a ciò che vede, a quanto si cela dietro a ciò che appare manifesto, semplicemente attivando il ragionamento, il dubbio, appunto, elemento indispensabile per scorgere la realtà, andando oltre la realtà stessa, fino a scoprire l’essenza di una verità più reale della realtà stessa.



Nel 1930, Magritte si trasferì al 135 di rue Esseghem di Jette, nel nord di Bruxelles, residenza che per due decenni fu centro culturale tra i più attivi del Belgio, il più importante luogo d’incontro per i Surrealisti del Paese, tanto che, nel 1999, le autorità belghe ne hanno fatto un museo dedicato al grande artista.
René Magritte morì il 15 agosto del 1967, a Bruxelles, stroncato da un cancro al pancreas.
IL DUBBIO DI MAGRITTE: LO STILE
Giocando con accostamenti apparentemente privi di logica, come cieli illuminati a giorno in contesti notturni, oppure testi che negano quanto sembra rappresentare un quadro, René Magritte gioca con la mente, attraverso schemi illogici che spingono a riflettere, a porsi domande, instillando il dubbio in chi osserva.
La sua ricerca della rappresentazione di una realtà che vada oltre quanto colto dal senso visivo manifesta un realismo che non cerca di replicare una fotografia, ma si fa illuminismo onirico, in virtù dei contrasti di colore, di paesaggio e di elementi che spesso stridono o sembrano posti nel contesto non opportuno.
I tratti freddi e impersonali tradiscono l’esperienza maturata come illustratore, mentre l’espressione puramente surrealista si traduce nel cortocircuito provocato da elementi sottratti certamente alla realtà, ma riconvertiti nell’opera con logiche diverse.
Tuttavia, il Surrealismo di Magritte non enfatizza l’aspetto del sogno, né si può accostare all’estrosità di Dalì, ma si fonda sull’analisi della realtà, attraverso lo studio degli elementi di cui essa è composta, un viaggio colmo di domande a cui l’artista risponde proprio attraverso le sue visioni.
Allora, per rispondere al perché le nuvole riescano a galleggiare nel cielo, Magritte le pone su un immenso bicchiere di cristallo.
A differenza di molti illustri colleghi del suo tempo, Magritte non cerca di analizzare l’inconscio, né il proprio, tanto meno quello dell’essere umano in genere, così come non gli interessa esprimere l’espressione della sua interiorità, bensì è orientato a comprendere la vera natura della realtà che lo circonda.
IL DUBBIO DI MAGRITTE: LA GRANDE GUERRE
La prima cosa che si nota in quest’opera è la mancanza del volto nel ritratto di un uomo borghese, coperto da un frutto.

Eppure, l’opera è composta da più livelli: il frutto in primo piano, la figura del borghese subito dietro, il cielo, che cade in un orizzonte sbiadito, coperto dall’uomo.
Un’opera che accende i riflettori sulla realtà della Grande Guerra, appunto, quella Prima Guerra mondiale che sterminò moltissimi soldati, per cui gli uomini non erano più tali, bensì numeri con cui aggiornare le statistiche dei caduti e dei mutilati.
Quest’opera di Magritte è l’esaltazione della spersonalizzazione in atto in quel periodo, in cui la borghesia si nascondeva, restava nelle retrovie a comandare, a guidare truppe come in un banale risiko, privando gli uomini della loro umanità, fino a farne uno uguale all’altro, senza volto.
IL DUBBIO DI MAGRITTE: LA CONDIZIONE UMANA
Quest’opera rappresenta l’ambiguità della realtà che sfocia nella fantasia, ponendo l’accento sulla percezione, disorientata nella scelta tra ciò che è sogno e quanto, invece, reale.

Davanti a una finestra è disposto un cavalletto che sostiene una tela che raffigura parte del paesaggio che si nota osservando oltre i vetri.
Infatti, l’immagine all’orizzonte continua oltre i margini della tela e solo il bordo bianco della tela e la parte destra della stessa sovrapposta alla tenda rivelano la presenza del dipinto, in un’evidente metafora del vivere, in cui la percezione della realtà è spesso scambiata per la realtà stessa.
Pertanto, possiamo soltanto immaginare che l’opera sistemata sul cavalletto rappresenti davvero il panorama fuori dalla finestra, nei minimi dettagli, ma ciò non è altro che la scelta di una realtà plausibile, però non per questo certa.
Ancora una volta, Magritte dà ragione al dubbio e ai punti di vista, esaltando l’invito a mettere in discussione quanto osserviamo perché, come dimostra la sua arte, molte più volte di quanto immaginiamo è la percezione a rendere vera una realtà che non sempre è tale.
L’artista belga dimostra come ciò che vediamo non è altro che una parte del tutto, spesso sovrapposta a una realtà che non possiamo vedere, mentre molti nemmeno si accorgono della sovrapposizione, poiché incapaci di porsi domande.
D’altronde, Dubium Sapientiae Initium, diceva Cartesio, ovvero: il dubbio è il principio della saggezza.